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Caos e fake news. Il Regno Unito sotto assedio dopo la strage di Southport

Un’ondata di violenze in tutto il Paese, con oltre 140 arresti solo nel fine settimana. Il premier Starmer ha promesso giustizia, mentre la protezione delle moschee è stata rafforzata a causa delle fake news. Il ruolo di misinformazione e disinformazione sui social media

Nel fine settimana ci sono stati disordini e violenze in tutto il Regno Unito a seguito della strage di Southport, dove il 29 luglio sono state accoltellate a morte tre ragazze in un centro ricreativo da un adolescente gallese, di origini africane e fede cristiana, di nome Axel Muganwa Rudakubana. Nelle sole giornate di sabato e domenica la polizia ha effettuato 147 arresti ma il numero è destinato a salire.

Il premier Keir Starmer, il cui consenso è già crollato da +19% a +3% secondo Opinium, è stato costretto dalla situazione a rivolgersi alla nazione e ribadire la promessa di “portare davanti alla giustizia il prima possibile, costi quel che costi” i manifestanti violenti dell’ultradestra che da giorni si scontrano con la polizia in varie città inglesi, soprattutto nel Nord. “Questi teppisti se ne pentiranno”, ha dichiarato. Il governo britannico ha deciso di assicurare anche una maggiore protezione alle moschee del Paese, finite nel mirino dopo la diffusione della fake news sulla fede professata dall’attentatore. Attaccati dai militanti dell’ultradestra anche gli hotel che ospitano richiedenti asilo.

Tommy Robinson, volto noto della galassia dell’ultradestra britannica con la sua English Defence League, ha dichiarato che “la multirazzialità non funziona” e ha attaccato sia i conservatori, al governo negli ultimi 14 anni, sia i laburisti, al governo da un mese, sostenendo che sono le loro politiche a “creare tensioni”.

I leader religiosi della contea inglese del Merseyside hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui affermano che “troppe persone hanno cercato di usare la tragedia di Southport per creare divisione e odio” con riferimento alle violenze scoppiate a seguito dell’uccisione delle tre bambine. “Le divisioni possono distruggere le relazioni e l’ambiente da cui dipendiamo ogni giorno della nostra vita. Non c’è posto per l’odio nelle nostre comunità”, hanno dichiarato i leader delle comunità cattolica, musulmana, ebraica, sikh e indù, tra gli altri. La nota esorta allo “spirito di comunità” e invita a ricordare che “sono molte di più le cose che ci uniscono di quelle che ci dividono”.

Tensioni, scontri e disordini alimentati dalla misinformazione e della disinformazione (la differenza sta nella deliberatezza nel diffondere fake news insita nella seconda). Channel3 Now, sito di notizie che sembra legato alla Russia, le ha alimentate. Ma, come spesso accade, sono arrivate quando le proteste sono esplose e diventate violente. Già il giorno dopo l’attacco la polizia del Merseyside era stata costretta a smentire la voce secondo cui il sospetto era un richiedente asilo di nome “Ali Al-Shakati”, inserito in una lista di soggetti sotto osservazione dell’intelligence britannica e con una storia di problemi di salute mentale. I social hanno fatto il resto in quel “propulsore di polarizzazione”, come l’ha descritto Carole Cadwalladr sul Guardian, creando la “tempesta perfetta” per le rivolte dell’estrema destra nel Regno Unito. Spicca, come spesso accade, Elon Musk, che sul suo X ha definito “inevitabile” la guerra civile nel Regno Unito commentando un video delle violenze pubblicato da un utente del social che attribuisce il caos all’immigrazione di massa e alle politiche di apertura delle frontiere.

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