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Disinformazione, se i social non la combattono a gioire sono Russia e Cina

Meta, X e altri social hanno ridotto il proprio impegno a contrastare campagne di disinformazione condotte sulle loro piattaforme. E in un anno elettorale, questo potrebbe essere un problema. Soprattutto pensando al 2016

In accordo con quanto annunciato il mese scorso, da mercoledì 14 febbraio Meta cesserà di supportare CrowdTangle, uno strumento di raccolta dati che consente a ricercatori, giornalisti e altri osservatori di scoprire le tendenze della disinformazione e dell’informazione scorretta sul social network. Gli esperti di diverse organizzazioni avvertono che questa mossa, insieme ad altre decisioni delle aziende di social media di ridurre il monitoraggio dei dati e i team di fiducia e sicurezza, renderà molto più difficile combattere le bugie diffuse da poteri ostili. Al suo posto subentrerà con la “Meta Content Library”, uno strumento meno potente che non sarà reso disponibile alle società di media.

Uno sviluppo che aiuterà la Cina, la Russia e altri Paesi autocratici che cercano di seminare divisioni politiche negli Stati Uniti, secondo quanto dichiarato Nathan Doctor, senior manager dei metodi digitali presso l’Institute for Strategic Dialogue, che ha poi specificato come “con questo tipo di campagne di influenza straniera, probabilmente la cosa più importante è tenerle sotto controllo. Altrimenti, come vediamo, possono iniziare a prosperare. Quindi, se l’accesso ai dati… si riduce un po’, in alcuni casi diventa molto più difficile identificare questo tipo di cose e poi affrontarle in modo reattivo”.

La decisione di Meta è solo l’ultima di una lunga serie. Dopo che nel 2022 Elon Musk ha preso il controllo di Twitter (ora X), ha sciolto il team responsabile di contrastare la disinformazione straniera. E anche Snapchat e Discord hanno ridotto i loro team di fiducia e sicurezza del 20-30%. Ma le dimensioni di Meta sono estremamente maggiori rispetto a quelle degli altri social menzionati. Facebook ha 3 miliardi di utenti attivi mensili e Instagram, anch’esso di proprietà di Meta, ne ha 2 miliardi. X si ferma a 600 milioni.

Con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali negli Usa, il tema della lotta alla disinformazione diventa ancora più importante. Anche i legislatori statunitensi sono sempre più preoccupati. A luglio, una lettera firmata da diciassette di loro è stata inviata a Meta per sollecitare (invano) una riconsiderazione sulla decisione presa.

È una situazione diametralmente opposta a quella delle conversazioni che le aziende di social media e i legislatori hanno avuto otto anni fa, quando i funzionari delle principali società di social media si presentarono al Congresso per fare mea culpa dopo la rivelazione sull’esistenza di una campagna russa per influenzare le elezioni presidenziali statunitensi.

Secondo Brandi Geurkink, direttore esecutivo della Coalition for Independent Technology Research, questo dimostra che le aziende di social media non si sentono molto responsabili nei confronti dei politici, della stampa o del pubblico: “Nell’anno probabilmente più importante di sempre per le elezioni globali, il fatto che un’azienda possa segnalare l’intenzione di prendere una decisione del genere e poi avere una tale ondata di opposizione da parte della società civile in tutto il mondo, da parte dei legislatori negli Stati Uniti e in Europa, da parte dei giornalisti, e così via, e continuare ad andare avanti con questa decisione e non rispondere a nessuna delle critiche… questo è ciò che penso sia la parte più preoccupante”.



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