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I sottomarini a propulsione nucleare di India e Australia preoccupano Pechino

Nuova Delhi commissiona il secondo sottomarino nucleare balistico della classe Arihant, per bilanciare la presenza cinese nell’Oceano di casa ed aumentare la propria deterrenza nucleare. Nel mentre, Pechino risponde ai progressi di Aukus tacciando il programma di essere il conduttore di una nuova corsa agli armamenti

Quegli americani che argomentano un vantaggio strutturale degli Usa sulla Cina (chiamati nell’ambiente accademico primacists o denialists) si concentrano spesso sulle frontiere dei due Paesi: mentre gli Usa confinano con due Paesi amici e due oceani, Pechino è al centro di una regione dove sono presenti Stati che osteggiano la sua crescita assertiva. Tra questi, Australia e India (due Paesi del Quad anti-cinese) aumentano la loro deterrenza con sottomarini a propulsione nucleare. 

È ormai dato per certo che Nuova Delhi abbia commissionato il secondo sottomarino nucleare con capacità balistiche (Ssbn) della classe Arihant, chiamato Arighat – letteralmente “distruttore dei nemici”. L’India arriva quindi a metà del programma, che prevede quattro sottomarini di questa classe, volto ad aumentare la deterrenza nucleare del Paese, in particolare in ottica di lanci in risposta ad attacchi nemici. In questo, i sottomarini sono essenziali, poiché un attacco (si pensi ad altre due potenze nucleari come Cina e Pakistan) prenderebbe di mira i siti di lancio del Paese bersagliato, neutralizzando parte del suo deterrente; i sottomarini, invece, resterebbero capaci di lanciare le proprie testate, facendo terra bruciata sull’aggressore. Al di là della deterrenza nucleare, si tratta di bilanciare la crescente presenza della Marina cinese nell’oceano Indiano, assai sgradita da Nuova Delhi. 

Nel frattempo, Pechino ha esternato il suo fastidio circa il programma Aukus, che fornirà sottomarini d’attacco a propulsione nucleari all’Australia (la classe Ssn Aukus, co-prodotta col Regno Unito e con tecnologie statunitensi). Il colonnello Wu Qian, portavoce del ministero di Difesa cinese ha identificato le conseguenze dell’accordo trilaterale come in grado di “sminuire sensibilmente il regime internazionale di non-proliferazione, provocare una grave corsa agli armamenti nucleari nel mondo e mettere seriamente a rischio la pace e la stabilità della regione”. È subito evidente che il primo motore immobile della “corsa agli armamenti nucleari” è proprio la Cina, sempre più minacciosa per i suoi vicini e che sta rapidamente moltiplicando il numero delle sue testate atomiche. Inoltre, i sottomarini australiani (contrariamente a quelli indiani) non sono in grado di lanciare ordigni nucleari, ma sono solo a propulsione nucleare. Soprattutto, però, Aukus sta procedendo nel rispetto di quanto stabilito dal Trattato di non-proliferazione nucleare, e con l’approvazione dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Iaea). Insomma, la dichiarazione di Pechino sembra piuttosto scollegata dall’obiettività. 

I recenti progressi di Aukus

Che la piccata reazione cinese sia una risposta ai progressi di Washington, Londra e Canberra nel mese di agosto? A metà mese, i tre Paesi annunciavano di aver rimosso un numero ancora maggiore di barriere al trasferimento di tecnologia. Per quanto rimanga per ora impossibile condividere informazioni su circa il 25% delle tecnologie statunitensi, Regno Unito e Australia hanno sottolineato l’importanza della novità per Aukus, con un funzionario britannico che lo ha descritto, ai microfoni del Financial Times, come un “grande affare”, perché si tratta di “essere il più competitivi possibile con la Cina”. 

Ancor prima, a inizio mese, si riportavano progressi su entrambi i pilastri di Aukus (il primo riguarda i sottomarini, il secondo altre tecnologie strategiche, dal quantum allo spazio). In merito al Pilastro I, il primo gruppo di marinai della Reale Marina australiana hanno passato a pieni voti i corsi della Basic enlisted submarine school della Us Navy. Per ciò che concerne il secondo pilastro, Washington, Londra e Canberra hanno portato a termine con successo un test relativo a Uav (provenienti da tutti e tre i Paesi) pilotati dall’IA. 

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