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Le penose lezioni che l’Europa impartisce all’Italia

Grazie all’autorizzazione dell’autore, pubblichiamo il commento di Federico Guiglia uscito ieri sul Tempo

Mancava solo Olli Rehn (nella foto), al secolo vicepresidente della Commissione europea. Mancava solo lui per venirci a dire che altrove, dove si fa e si disfa la tela economica del Continente, non piace il taglio dell’Imu sulla prima casa appena fatto dal nostro governo. Non piace e addirittura “preoccupa”, come l’esimio si è premurato di spiegare alla commissione Bilancio alla Camera, dove peraltro il nostro ha avuto la cortesia di paragonare l’Italia alla Ferrari, ricordando che siamo e restiamo la terza economia in Europa (e la sesta nel mondo, aggiungiamo noi).

Eppure, bisognerà prima o poi spiegare a Lorsignori, che tanto si affannano per il nostro destino – ché è anche il loro -, quanto segue: ogni previsione di benessere o di crisi, di crescita o di deficit, di investimento o di debito cammina sulle gambe e sulle tasche degli italiani. Non esiste sacrificio al mondo (e l’Imu era un fior fiore di sacrificio in Italia), che possa essere fatto senza aumentare le tasse o tagliare le spese. E per il nostro Paese, caro mr Olli Rehn, si prospetta un autunno caldo, anzi, bollente sotto il profilo del lavoro, della produzione, della tassazione.

Vale, anche qui, la piccola cronaca di tutti molto più che la grande analisi per pochi. Basta andare in una stazione di benzina per assistere, come mai era successo in passato, alle code degli automobilisti che mettono la benzina da sé, invece che rivolgersi al dipendente di turno. E questo per risparmiare pochi spiccioli che moltiplicati per molti litri possono fare una bella differenza. Altro facile esempio? Mai come in questo periodo nelle case degli italiani arrivano tante telefonate di aziende, enti e società che propongono di cambiare questo o quel gestore di gas, di telefono, di elettricità. E molti accettano di spostarsi un poco più in là pur di risparmiare qualcosa nel bilancio familiare di fine anno.

E poi c’è l’Iva, che il governo vorrebbe poter non aumentare, ma ancora non si sa. E poi ci sono le detrazioni che non detraggono più, le agevolazioni fiscali che agevolano sempre di meno, il carico di un reddito che per molti, troppi italiani non aumenta di sicuro dal lato delle entrate, ma solo da quello delle tasse. Anche la patria della Ferrari, che pure ha appena richiamato a servizio Kimi Raikkonen finlandese come mr Rehn, deve fare i conti con una crisi che ancora morde e con un’economia che arranca. Aver abolito l’Imu, quindi, non è stata soltanto la cancellazione della più odiosa e ingiusta imposta pagata dai cittadini, ma soprattutto un doveroso segnale di sollievo. Il segnale che la terza economia d’Europa può ripartire, se non ha il peso delle zavorre dentro le sue tasche. Perché non si vive di sole tasse. Non si fanno i conti europei senza l’oste italiano. Non si impone a un popolo intero il parametro puramente teorico e ragionieristico di un risanamento del tutto virtuale, scollegandolo dalla realtà dei sacrifici quotidiani: i soli che contano e che rappresentano l’investimento autentico, in carne e ossa, di chi lavora, di chi non lavora più, di chi ha lavorato una vita intera e di chi vorrebbe almeno sognare di poterlo fare.

D’altra parte se il rilancio dell’economia e le questioni del lavoro non fossero una priorità per l’Italia, mai sarebbe nato un governo di larghe intese per affrontarla. Potrà sembrar strano agli amici europei che vengono di tanto in tanto – ma sempre più spesso – a trovarci. Ma sappiamo bene e sappiamo tutti quali siano le difficoltà e gli ostacoli che impediscono all’Italia di continuare la sua lunga e antica marcia. Ma nessuno, qualunque sia la casacca politica che indossa, si azzarda a proporre ancora e sempre tasse per risollevarci. Nessuno pensa che i conti in rosso dello Stato si salvino semplicemente con il modello 740.

Nessuno considera realistico, e non solo perché il drammatico esempio della Grecia è sin troppo vicino, che spremere il contribuente oltre ogni limite sia l’unico rimedio o il rimedio più rapido per guarire. Persino quelli che non hanno condiviso del tutto l’eliminazione dell’Imu sulla prima casa hanno subito aggiunto che loro avrebbero tagliato le imposte sul lavoro. Tagliato le imposte, signor Rehn, sempre e comunque.

L’autunno caldo delle tasse che arrivano anche quando non arrivano e quando nessuno vuole farle arrivare, è già cominciato. L’Europa si preoccupi di altro, perché di questo sappiamo occuparci da soli noi italiani. Anche scegliendo la coda giusta alla stazione di benzina.

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