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Diagnosi e strumenti del Rapporto Draghi. La guida di Braghini

Di Fabrizio Braghini

Per la Difesa il rapporto Draghi significa più consolidamento, governance più centralizzata, acquisizioni congiunte dagli Usa, preferenza europea, più R&D. E anche un più ampio respiro, nuovo M&A, Ipcei e innovazione

L’atteso, denso e realistico Rapporto Draghi, pone i governi di fronte alla necessità di cambiamenti urgenti e radicali, spaziando da cauti dettagli tecnici a grandi iniziative pan-europee. In uno scenario europeo confuso e contrastato, la prudenza esige un approccio pragmatico che si soffermi sulla diagnosi di settori cruciali, delineando politiche diverse e accennando anche ai possibili strumenti.

Gli elementi chiave che permeano il Rapporto sono sintetizzabili nella possibilità di non richiedere modifiche ai Trattati; fare meno cose a livello europeo, ma meglio, fissando delle priorità; focus su sicurezza e resilienza; generalizzazione ed estensione della maggioranza qualificata nei processi decisionali. 

La difesa

Collegato al tema competitività sono individuate cinque priorità, tra le quali è inclusa la difesa. Il riferimento è all’Eu Defense action plan, tra i cui obiettivi c’è lo sviluppo di “progetti congiunti in nuovi segmenti industriali” – come droni, ipersonici, IA – che necessitano di capacità tecnologiche all’avanguardia e ampi investimenti, specificando gli strumenti finanziari da utilizzare. 

In ambito difesa altre proposte di rilievo nel Rapporto meritano attenzione. Si insiste sulla necessità di un approccio radicale circa flessibilità per le fusioni industriali nella difesa, deviando dai principi (o dogmi) della concorrenza, considerati superati in quanto tutelano sì il consumatore europeo, ma che non considerano l’autonomia strategica e la competizione globale, ostacolando la creazione di campioni industriali europei. L’urgenza di una governance per un coordinamento nella difesa, che superi l’attuale dispersione di strumenti finanziari europei che hanno regole, obiettivi, fonti e tempistiche differenti. L’opportunità di acquisizioni congiunte tra Paesi di sistemi Usa, per produrre un effetto leva ed efficienza (peraltro avanzata a suo tempo), prevedendo condizioni quali: specifiche europee, produzioni locali, customizzazioni, trasferimento di proprietà intellettuale. Una proposta flessibile per un principio di preferenza rinforzata europea, sotto forma di impegno politico o con una riforma del public procurement, prevedendo che le soluzioni Ue vengano considerate quali prime opzioni, unitamente a meccanismi finanziari europei di incentivazione con criteri di eleggibilità simili a quelli per Edf e proposti per Edip. Il finanziamento Ue dell’R&D solo in favore di imprese con sede nella Ue, lasciando aperta però la spinosa e non risolta questione dell’eleggibilità di imprese extra-UE, oggi limitata ad una soglia per la componentistica.

La visione d’insieme

Soffermandoci su alcuni aspetti del Rapporto, il capitolo “revamping competition” propone un radicale cambiamento di approccio, necessario per conseguire una scala industriale sufficiente per competere con le “super star companies” americane e cinesi. Servono pratiche operative e nuove linee guida per le fusioni (Merger Regulation), l’introduzione, nelle valutazioni della concorrenza, di concetti quali “security and resilience” e addizionali come il “public interest” che includa i rischi geopolitici e della supply chain.

Per efficientare il sistema, diventano essenziali specifici elementi: una nuova governance economica per il coordinamento della competitività, un utilizzo più ampio e sostenuto finanziariamente dello strumento Ipcei (Importanti progetti di comune interesse europeo) per il lancio di nuovi programmi comuni (oggi dedicati a energia, chips, automotive, mobilità), anche nella difesa e con una nozione più ampia di innovazione. Risulta altresì necessaria un’estensione del campo di applicazione dell’Ipcei oltre la fase di prima applicazione industriale, ampliamento di impianti pilota o dimostrazione inclusa la fase di test.

L’innovazione, vista come “salto alla frontiera tecnologia di assets strategici”, impone ingenti investimenti, si propone quindi che, per promuovere gli Ipcei, sia possibile il ricorso a fondi Ui insieme con una revisione del regime europeo di Ricerca, sviluppo e innovazione – che viene sì periodicamente adeguato, ma che oggi risulta insufficiente a perseguire gli obiettivi identificati nel Rapporto. Si tratta dunque di rendere disponibile il co-finanziamento Ue, ridurre la complessità e la lentezza procedurale per l’approvazione e verifica dei progetti con procedure “fast track”, in quanto le imprese, in particolare quelle medie e piccole, sono scoraggiate dall’utilizzo dell’Ipcei con le regole in vigore (vedasi i semiconduttori).

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