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Northrop Grumman potrebbe rientrare in gara per il caccia di sesta generazione

Di Riccardo Leoni

Lo stop momentaneo al programma per il caccia di sesta generazione statunitense potrebbe spianare la strada al ritorno in gara del gigante industriale statunitense. Secondo Kathy Warden, ceo della società, il cambiamento di alcuni requisiti potrebbe indurre a un ripensamento circa l’annuncio, datato 2023, di abbandono del programma. Ma tra le priorità Usa non c’è solo l’Ngad

Il programma Ngad (Next generation air dominance) continua a subire rallentamenti dettati dall’esigenza di razionalizzare i costi e dare priorità a progetti già avviati e più spendibili nel breve-medio termine. Tuttavia, la pausa di riflessione annunciata in giugno dal segretario dell’Air force Usa, Frank Kendall, potrebbe anche portare a un rientro in gara di Northrop Grumman. Questo è quanto ha lasciato intendere la ceo della società, Kathy Warden, sostenendo che “Se (l’Usaf) dovesse determinare una modifica sostanziale del programma, torneremmo indietro e rivaluteremmo, proprio come faremmo con qualsiasi nuova opportunità, se riteniamo che si tratti di un programma che siamo in grado di realizzare, se riteniamo che il business case sia sensato per la nostra azienda e per i nostri investitori, e valuteremmo nuove alternative. Quindi stiamo monitorando questo”.

Lo spiraglio al rientro di Northrop si apre a distanza di oltre un anno da quando la società aveva annunciato il suo ritiro dal programma. La gara vede al momento solo due aziende in competizione per produrre il nuovo sistema, Boeing e Lockheed Martin. L’eventuale rientro di Northrop potrebbe essere reso possibile da un cambio di direzione dei piani dell’Usaf, la quale deve fare i conti con dei costi unitari ritenuti non sostenibili per il nuovo aereo. Per quanto un caccia all’avanguardia sotto il profilo tecnologico possa rappresentare un fattore di vantaggio, per l’aeronautica statunitense il rischio di insostenibilità di produzione legato a costi e materiali è diventato non più trascurabile. Con un occhio puntato verso l’Iran e uno verso la Cina, gli Stati Uniti stanno rivalutando l’importanza della massa — vale a dire dei numeri, in termini umani e di mezzi — nel caso in cui si trovassero a dover sostenere scontri con forze convenzionali. Nell’eventualità di un confronto diretto con avversari dotati di forze numericamente consistenti, il dibattito statunitense si impernia sulla scelta tra pochi mezzi all’avanguardia ma molto costosi e molti mezzi, meno avanzati, ma in grado di pareggiare i numeri e garantire l’eventuale replenishment. È questo il caso del Collaborative combat aircraft (Cca), un drone capace di affiancare il futuro Ngad nella conduzione di operazioni in qualità di loyal wingman, il cui appalto dovrebbe essere assegnato per la fine del 2026. Il velivolo, che vede General Atomics e Anduril in gara per aggiudicarsene l’appalto, potrebbe essere prodotto a costi ridotti e in numero soddisfacente per garantire il mantenimento del vantaggio numerico, interagendo con sistemi avanzati già esistenti come l’F-35 o l’F-16.

Le altre priorità dell’Air force Usa

L’Ngad non è l’unico programma che rientra nel budget dell’Usaf. Se la Marina è lo strumento con cui Washington ha da sempre proiettato la propria potenza, l’Aeronautica è quello con cui è sempre riuscita a mantenere il vantaggio militare sui propri avversari e mantenere la sua capacità di deterrenza strategica. Nell’attuale budget dell’Usaf sono inclusi due programmi cruciali per il mantenimento di questa capacità: l’Icbm Sentinel e il bombardiere B-21. Il Sentinel (noto anche come Ground based strategic deterrent) è il nuovo missile balistico intercontinentale, la cui entrata in servizio è prevista per il 2030, che sostituirà gli storici missili Minuteman III con un orizzonte temporale di servizio fino al 2075. Parimenti, il nuovo bombardiere strategico B-21, sviluppato da Northrop Grumman per sostituire l’attuale B-2, è già nella fase di low-rate production. Il nuovo missile e il nuovo bombardiere sono ritenuti indispensabili per mantenere aggiornata la triade nucleare degli Stati Uniti: bombardieri a lungo raggio, sottomarini con capacità balistiche (Ssbn) e missili lanciati da installazioni a terra. Di fronte all’esigenza di privilegiare l’ammodernamento del proprio deterrente strategico, Washington rischia di vedersi sprovvista di fondi sufficienti a coprire sviluppo e produzione di assetti tattici come l’Ngad. Di conseguenza, sembra spiegarsi la pausa di riflessione annunciata da Kendall, semplicemente, i soldi potrebbero non bastare. Benché non sia ancora chiaro cosa intendano fare gli Usa riguardo l’Ngad, la riflessione può rappresentare un utile momento per rivedere i capitoli di spesa e valutare nuove configurazioni per il futuro dell’Arma aerea statunitense.

La pausa sull’Ngad porta in vantaggio il Gcap (e l’Italia)?

L’Italia è attualmente impegnata, insieme a Regno Unito e Giappone, nello sviluppo di un suo caccia di sesta generazione, il Global combat air capability (Gcap). Mentre l’Ngad rimane apparentemente impantanato tra ripensamenti di spesa e sostanziali modifiche al progetto, il Gcap sembra andare molto più veloce. L’unione di forze tra Leonardo, BAE Systems e Mitsubishi punta a produrre un mezzo all’avanguardia, dotato di tecnologie innovative integrabili in un sistema di sistemi e in grado di essere messo in servizio già nel 2035. Se le esitazioni e i ripensamenti sull’Ngad dovessero protrarsi, Italia, Regno Unito e Giappone potrebbero essere i primi Paesi a mettere sul mercato un velivolo di sesta generazione.

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