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Stop agli stagisti stranieri. La decisione a Wesminster contro lo spionaggio

Giro di vite a Londra sulle procedure di sicurezza dopo che un assistente parlamentare è stato accusato di spionaggio per la Cina. Il caso Cash ha acceso i riflettori in tutta Europa

Il Parlamento britannico ha deciso di vietare ai parlamentari di assumere stagisti stranieri per timore che possano essere spie. Lo racconta il Daily Mail, secondo cui la decisione, presa a luglio dal Dipartimento per la sicurezza parlamentare e approvata dalla Commission della Camera dei Comuni, rientra in un giro di vite sulle procedure di sicurezza dopo che un assistente parlamentare è stato accusato di spionaggio per la Cina.

Il tabloid britannico ricorda che sono molti i parlamentari che assumono stagisti che sono studenti di università all’estero o che hanno legami con fornitori di stage come i gruppi cristiani in America. Ora, però, solo chi ha tre anni di residenza nel Regno Unito sugli ultimi cinque potrà ottenere un pass parlamentare.

Una fonte ha criticato la decisione, evidenziando che i recenti casi di spionaggio a Westminster – come quello di Chris Cash, ricercatore del China Research Group, arrestato nel marzo 2023 e accusato di spionaggio – “hanno riguardato comunque cittadini britannici”. Un deputato rimasto anonimo ha invece sostenuto la scelta definendola “sensata” a fronte dell’aumento delle minacce da parte di Stati ostili. Un portavoce del Parlamento ha dichiarato al Mail: “Il Parlamento dispone di solide procedure di controllo, che assicurano che le richieste di pass di sicurezza possano essere effettuate solo da coloro che hanno un requisito approvato. Pur utilizzando una serie di metodi, non possiamo commentare i nostri processi di sicurezza, né i casi specifici”.

Il caso Cash e quello tedesco dell’arresto di Jian Guo, assistente dell’ex europarlamentare di estrema destra Maximilian Krah con legami con l’intelligence cinese, hanno riacceso i riflettori sulle attività di spionaggio legate alla Cina in tutta l’Europa occidentale. Le agenzie di intelligence hanno lanciato l’allarme per l’aumento delle attività di hacking e delle attività “coperte”. Parallelamente, sono state rafforzate le misure di sicurezza nei luoghi più sensibili.

Anche in Italia, specie dopo il caso Boccia. Ma qui ancora c’è chi ricorda quando la Corte dei Conti bocciò il contratto da 36.000 euro per Lingjia Chen, allora ventisettenne cittadina cinese che non parla l’italiano e viveva a Shanghai, come assistente di Michele Geraci, sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico nel governo gialloverde di Giuseppe Conte che firmò il memorandum d’intesa sulla Belt and Road Initiative (la cosiddetta Via della Seta) poi non rinnovato dal governo Meloni. Alla base della decisione dei giudici soprattutto il fatto che un dipendente del governo italiano non può non conoscere la lingua che si parla nel dicastero che lo paga. “Nei ranghi della nostra intelligence qualcuno aveva drizzato le antenne”, scrisse l’Espresso.


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