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Germania, l’euro in crisi riporta a galla la questione tedesca

“Il futuro dell’Europa non va costruito sulla paura”. Parola di Helmut Kohl. L’avvertimento, pronunciato nel 2005, continua a essere valido anche oggi. Attuale tanto quanto l’occasione in cui l’ex Cancelliere aveva preso la parola. Un simposio a Zurigo il cui tema, Deutschland, quo vadis? affrontava la questione tedesca.
Dopo l´89 torna la discussione L’argomento che sembrava essersi dissolto con l’ottantanove e la riunificazione della Germania, è di nuovo al centro dei tormenti e le ossessioni politiche europee. La rigidità di Berlino e la sua voglia di democratizzazione assoluta nei confronti della crisi economico-finanziaria, sommata a vecchi fantasmi storici e politici stanno portando davvero in un vicolo cieco la discussione europea, rendendo alla fine insostenibile l’integrazione?Il peso economico e di conseguenza anche politico della Germania hanno regolarmente inquietato il continente. Altrettanto è avvenuto ogni volta che la potenza centrale ha avviato un processo di unificazione. L’impero guglielmino dopo le difficoltà iniziali raddoppiava, tra 1895 e 1913, la propria produzione industriale. Un miracolo economico cui seguiva la pretesa di un posto al sole nelle relazioni internazionali. Tentativi di “assalto al potere mondiale” ripetuti fino a infrangersi sugli scogli dei conflitti mondiali.Le stesse cose ritornano? Il crollo della Ddr e le conseguenze della riunificazione hanno comportato anni di indebitamento, ristagno nelle riforme e ripiegamento su se stessa di una nazione spaccata tra oriente e occidente. L’ammorbidimento del patto di stabilità ha permesso al governo Schröder di evitare le sanzioni di Bruxelles. Scomparse le difficoltà iniziali Berlino ora santifica solidità e disciplina di bilancio.Un atteggiamento che sommato alla crisi europea ha riportato a galla sospetti sul modo in cui i tedeschi potrebbero sfruttare il ruolo di potenza centrale del continente. L’espressione quarto Reich circola allegramente e non pochi si richiamano alle lezioni della storia per provare la presenza negli attuali politici tedeschi dello stesso delirio di onnipotenza caratteristico dei loro predecessori. Contemporaneamente tutti sanno che senza i miliardi e la forza economica della Germania non è possibile risolvere la crisi.
 
Mancanza di principi come principioMentre la zona euro si basa sull’ipotesi che ogni componente concorra in egual misura al successo dell’unione monetaria, il divario economico tra gli stati si allarga. Pericolosamente in quanto non rispecchia le condizioni effettive delle rispettive economie. Ecco il posto al sole della Germania contemporanea.A differenza del passato Berlino non ha ambizioni da grande potenza. Chi conosce il paese sa bene che la maggioranza della sua popolazione cerca solo il benessere e con questo un cantuccio da dove osservare da lontano le convulsioni della politica mondiale. Gli stimoli, le offerte Usa di “partnership in leadership” sono percepiti come pretese fastidiose dai tedeschi. La volontà di guida di Berlino riguarda al massimo l’economia, raramente tocca la sfera politica, mai quella militare. Le questioni strategiche sono viste con indifferenza. “Mancanza di principi come principio”. Cosi sulla Faz Wolfgang Seibel ha definito l´atteggiamento tedesco.Il consenso popolare all’intervento nei Balcani è arrivato solo quando Joskha Fisher ha invertito lo slogan “mai più guerra”, con quello “mai più Auschwitz”. La Germania non è più l’impero irrequieto in mezzo all’Europa. Il desiderio di egemonia non fa parte dell´attuale politica estera tedesca. Caso mai è vero il contrario. Berlino vede la propria storia come un incubo e cerca nell’Europa una protezione da se stessa. Anche la crisi dell’Euro testimonia questo stato d´animo. Più che tendere all’supremazia la Germania non vuole farsi carico dei problemi altrui. Quale Europa sarà però mai possibile se la maggiore potenza del continente si sfila dalle proprie responsabilità? Come individuare le prospettive di lungo periodo dell’Ue? Quali i compiti della Germania nella nuova istituzione?Tra le poche personalità tedesche a non cercare di eludere la questione vi è, di nuovo, Joschka Fisher con il suo discorso del maggio 2000 all’Università Humboldt di Berlino.
 
Castigamatti o potenza responsabile? Se la Germania si allontana dalle tradizioni europee del dopoguerra, non potrà comunque sfuggire al peso economico e politico della propria potenza. In quel caso, ammesso che l’integrazione economica e politica del continente continui, come pensare il futuro istituzionale del nostro continente? L’annacquamento del patto di stabilità operato da Schröder e i trucchi greci fanno capire quanto sia facile aggirare gli attuali meccanismi di controllo Ue. Nel caso in cui Bruxelles non dovesse avere prestigio e capacità necessarie a far rispettare le proprie regole, questo compito sgradevole potrebbe automaticamente scivolare verso Berlino. Unico paese ad avere la forza politica ed economica indispensabile al compito. In questo caso la questione tedesca si trasformerebbe in quella del supervisore dell’Unione. Anche in questo caso il destino della Germania coinciderebbe con quello dell’Europa. L´Ue diventerà una forte istituzione sovranazionale basata su stati nazionali responsabili non solo nei confronti di se stessi? Oppure sarà una costruzione sovranazionale che rimandarebbe il controllo a strumenti esterni di supremazia? I gendarmi anche quando sono indispensabili sono poco amati e senza il castigamatti non hanno il rispetto di nessuno.


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