Il Teatro alla Scala merita un elogio: è l’unico teatro d’opera italiano a ricordare che nel 2011 ricorre il centenario de Il cavaliere della rosa (Komôdie für Musik), del cattolico liberale bavarese Richard Strauss e dell’integralista (di famiglia di ebrei convertiti) Hugo von Hofmannsthal. Propone un grande allestimento alla ripresa autunnale. Al pari di quanto Theodor Adorno ha scritto su I maestri cantori di Norimberga di Richard Wagner – “la maggiore espressione artistica del mondo occidentale”, Il cavaliere della rosa di Strauss-Hofmannsthal non è soltanto ancora oggi la migliore espressione artistica di un’Europa che (schiacciata da americanizzazione e globalizzazione) ha spazi sempre più ristretti ma ha anche valori sempre più forti – innanzitutto la tolleranza.
Il progetto iniziale del laicissimo ed europeissimo “Graf” (Conte) Harry Klesser, nato a Parigi da padre tedesco e madre irlandese, ma cresciuto tra Gran Bretagna, Francia e Germania era una curiosa “contaminatio” di commedie di Molière, dei libretti scritti da Da Ponte per Mozart (in particolare Le nozze di Figaro), di capitoli del Wilhelm Meister di Goethe, di spunti da I maestri cantori di Wagner, nonché di intrecci tipici del teatro italiano (soprattutto Goldoni e Machiavelli). Nata con ambizioni commerciali, rappresentata per la prima volta a Dresda il 27 gennaio 1911 e, nel giro di pochi mesi, sulle scene di tutti i maggiori teatri europei, trasformata in un film di successo nel 1925, Il cavaliere avrebbe cantato la “finis Europa” in tutte e due le guerre mondiali. Tanto nel 1914-18 quanto nel 1939-45, i giovani Jules e Jim, tedeschi e francesi, fischiettavano, in trincea, il tempo di valzer che accompagna gran parte della “commedia in musica”. Il cavaliere può essere interpretato a vari livelli: a) una “commedia per adulti” sulla formazione del giovane protagonista (quindi, una “Bildungsoper”); b) una “rievocazione in musica” del tempo andato; c) un messaggio politico alto e forte sulla transizione (il Verwandlung che ha un ruolo fondante nella cultura non solo tedesca ma europea nella seconda parte del XIX e nella prima del XX secolo e che è di grande rilievo all’Italia di questo primo scorcio di XXI secolo).
Quale è il messaggio? Per Richard Strauss, nato nel 1864, già celebre nel 1880 ed ancora in attività nel 1949, e per Hugo von Hofmannsthal, nato dieci anni dopo e morto venti prima del suo sodale, la politica del secolo che va dalla battaglia di Sedan al secondo dopoguerra è stata solo un rumore di fondo, un brusio fuori scena, di un messaggio più alto, e, quindi, paradossalmente più politico: l’inarrestabilità della trasformazione e della modernizzazione, salvaguardando sempre il valore della tolleranza. Marie-Thèrese, la Marescialla 33nne, “dà” Octavian, il giovane 17nne, a Sophie, fanciulla 16enne, perché sa che chi difende l’esistente perde sempre. Analogamente, il flusso inarrestabile della sinfonia wagneriana si fonde con i terzetti mozartiani, la polifonia, la vocalità italiana ed il teatro “leggero” alla ricerca di qualcosa che supera gli stessi primi approcci di dodecafonia perché, anche nella composizione e nella “commedia in musica”, chi difende l’esistente perde sempre.
Una notazione finale. La Scala, che nel 2003 aveva ripreso un allestimento del Teatro Carlo Felice di Genova, questa volta presenta una produzione di Herbert Wernicke che rappresenta probabilmente un affinamento di allestimenti già presentati a Salisburgo, Parigi e Madrid. Il vostro chroniquer lo ha visto nel 2005 a Salisburgo: è una gioia per gli occhi che interpreta correttamente il significato de Il Cavaliere.