Un recente sondaggio sostiene che i musulmani del Michigan preferiscono l’ex presidente Trump alla vicepresidente Harris, nonostante le tensioni con gli immigrati arabi. Ecco cosa conta per questi elettori
Dopo gli elettori ispano-americani, anche quelli di religione musulmana hanno un peso rilevante nelle elezioni per la presidenza degli Stati Uniti. Sono una minoranza molto influente nel dibattito e programma di governo statunitense.
Infatti, la posizione sulla causa palestinese, e il sostegno di Washington a Israele, muovono alcuni voti, anche se non tanti come altri temi, ad esempio l’aborto o l’inflazione. Tuttavia, c’è uno stato – importante in termini di grandi elettori – che ha molti elettori di origine araba, per cui questi argomenti contano abbastanza.
In questo senso, Kamala Harris ha un problema e Donald Trump ha un’opportunità, come si legge sul quotidiano Abc. Osama Siblani, attivista palestinese ed editor del quotidiano arabo Arab American News ha detto a Dearborn, la città con più arabi degli Stati Uniti, nello stato Michigan, che bisogna sconfiggere le politiche di Joe Biden. La mancanza di una rigida posizione di questo governo nei confronti degli israeliani restano punti alla candidatura del Partito Democratico.
Un sondaggio del Council on American-Islamic Relations (Cair) sostiene che il 40% dei musulmani del Michigan appoggiano Jill Stein, leader del Partito Verde, anche se non avrà nessuna speranza nel voto di novembre. La seconda loro opzione è Trump, con il 18% e la terza Harris con il 12%. Il sondaggio indica che ci sono circa quattrocentomila elettori musulmani in Michigan, e che l’80% aveva votato per Biden nel 2020. Uno scenario terribile di perdita di consenso, per i democratici.
Non aiuta nemmeno la strategia dell’Uncommitted Movement. A febbraio, durante le primarie democratiche in Michigan, i membri del movimento hanno inviato un messaggio al presidente Biden: o imponeva un embargo sulle armi contro Israele, o non avrebbero votato per lui, il che potrebbe fare perdere uno stato chiave in bilico a novembre. Come si legge su Foreign Policy, non bluffava: “più di 100.000 democratici del Michigan, circa il 13% di coloro che hanno votato, hanno scelto l’Uncommitted Movement”.
“A causa di quei trasferimenti di armi – prosegue Foreign Policy -, gli elettori palestinesi e arabi del Michigan considerano gli Stati Uniti direttamente responsabili della morte, della devastazione e della distruzione che Israele ha scatenato a Gaza. Questa rabbia è stata incanalata in azioni politiche e mobilitazioni”.
Layla Elabed, co-presidente dell’Uncommitted Movement, ha dichiarato che Harris “rischia di perdere stati chiave indecisi. In questo momento, la maggioranza degli elettori del Michigan… non può dare il proprio sostegno alla vicepresidente Harris. Quello di cui abbiamo bisogno in questo momento è un cambiamento di politica”.
Tutto questo beneficia Trump, nonostante l’ex presidente abbia messo un veto all’immigrazione da molti Paesi arabi, abbia trasferito l’ambasciata americana a Gerusalemme e abbia cancellato i finanziamenti per l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nel vicino oriente.
Ad aiutare Trump nel suo discorso con la comunità musulmana c’è Massad Boulos, imprenditore libanese, suocero della figlia minore Tiffany. E anche Amer Ghalib, sindaco di Hamtramck, sempre nel Michigan. Il candidato repubblicano insiste che con lui alla guida della Casa Bianca non ci sarà guerra a Gaza. Una promessa che piace a musulmano e non.