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Israele contro l’Iran, anatomia di un attacco annunciato. L’analisi del gen. Caruso

Di Ivan Caruso

Un massiccio dispiegamento aereo israeliano colpisce obiettivi strategici in Iran. L’operazione “Giorni di pentimento”, preparata con il supporto logistico americano, ha visto l’impiego di circa cento velivoli in tre ondate successive. Teheran minimizza i danni mentre la comunità internazionale invita alla moderazione. L’analisi del generale Ivan Caruso, consigliere militare della Società italiana per l’organizzazione internazionale

Nelle ore che hanno preceduto l’attacco israeliano all’Iran di ieri, una serie di movimenti militari significativi ha segnato la preparazione di quella che sarebbe stata chiamata operazione “Giorni di pentimento”. Gli Stati Uniti, partner strategico di Israele, hanno dispiegato un imponente dispositivo aereo nel Mediterraneo e in Europa, con almeno cinque KC-135 e quattro KC-46, aerei cisterna per il rifornimento in volo, che hanno supportato il trasferimento di squadroni di caccia verso il Medio Oriente.

La fase preparatoria è stata caratterizzata dall’arrivo di formazioni di F-16CJ del 480° Squadrone da Caccia dalla base aerea di Spangdahlem, in Germania, alla base aerea Prince Sultan in Arabia Saudita. Questi velivoli, specializzati nella soppressione delle difese aeree nemiche (Sead), hanno giocato un ruolo cruciale nel successivo attacco. Parallelamente, un ponte aereo con cargo C-17 americani ha trasferito in Israele il sistema antimissile Thaad, schierato successivamente nei pressi del sito “segreto” 512, centro nevralgico della rete di sorveglianza mediorientale.

L’operazione vera e propria è iniziata intorno alle 2:30 del mattino, con il dispiegamento di circa cento velivoli israeliani, tra cui F-15, F-16 e i modernissimi F-35 Adir. L’attacco si è sviluppato in tre ondate successive, seguendo una strategia accuratamente pianificata. La prima si è concentrata sulla neutralizzazione delle difese aeree iraniane, in particolare i sistemi S-300 di concezione russa e le installazioni radar, per creare un corridoio sicuro per le successive fasi dell’operazione.

Prima dell’attacco, attraverso un Paese terzo, Israele ha comunicato all’Iran gli obiettivi che sarebbero stati colpiti, in un tentativo di delimitare il conflitto ed evitare un’escalation incontrollata. Secondo fonti militari israeliane, l’aviazione iraniana non è riuscita a intercettare gli attacchi, evidenziando un “fallimento totale” del sistema di difesa aerea o, forse, una scelta deliberata di non rispondere con piena forza.

Le successive ondate di attacchi hanno colpito circa venti obiettivi strategici distribuiti in tre province iraniane: Teheran, Ilam e Khuzestan. Nel mirino sono finiti depositi di missili, installazioni militari, fabbriche di armamenti e centri di ricerca per lo sviluppo di droni e sistemi d’arma a lungo raggio. L’operazione ha coinvolto anche obiettivi in Siria, dove sono state colpite postazioni che avrebbero potuto interferire con la missione principale.

Per l’esecuzione dell’attacco, Israele ha fatto ricorso a un ampio spettro di capacità militari, inclusi sistemi d’arma avanzati come i missili Rocks e Blue Sparrow, che permettono di colpire obiettivi mantenendo gli aerei a distanza di sicurezza dalle difese nemiche. Un ruolo cruciale è stato svolto anche dai sistemi di ricognizione, compresi satelliti e droni, alcuni dei quali utilizzati come “esche” per confondere le difese iraniane.

L’operazione, conclusasi poco prima delle 6 del mattino, è stata personalmente supervisionata dal primo ministro Benjamin Netanyahu e dal ministro della Difesa Yoav Gallant dal bunker antiatomico del centro di comando Kirya a Tel Aviv. Le autorità israeliane hanno sottolineato che sono state utilizzate solo alcune delle capacità a disposizione, lasciando intendere la possibilità di azioni future più incisive, specialmente in caso di rappresaglia iraniana.

La risposta iraniana è stata finora misurata, con le autorità che hanno parlato di “danni limitati” e hanno ripreso i voli civili già nella mattinata, segnalando una possibile volontà di non escalation immediata. Tuttavia, Teheran ha riservato il diritto di rispondere “in modo proporzionato” all’aggressione, mentre la comunità internazionale, dal presidente americano Joe Biden al premier britannico Keir Starmer, ha invitato alla moderazione per evitare un’ulteriore escalation del conflitto in Medio Oriente.



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