Nel 2023, gli investimenti greenfield dell’Ue in Cina hanno raggiunto i 3,6 miliardi di euro, un record trainato dalle aziende tedesche, in particolare del settore automobilistico. Questa crescita evidenzia una contraddizione: mentre Bruxelles punta al derisking, Berlino rafforza i legami con Pechino per difendere le proprie quote di mercato. Tuttavia, le tensioni geopolitiche e le divergenze interne ai 27 potrebbero presto mettere alla prova questa strategia
Gli investimenti greenfield dell’Unione europea in Cina hanno registrato un’impennata lo scorso anno, raggiungendo la cifra record di 3,6 miliardi di euro. E ancor più che in passato sono trainati dalle aziende tedesche, soprattutto dalle case automobilistiche. Questi numeri, contenuti nel rapporto “Don’t Stop Believin’: The Inexorable Rise of German FDI in China” pubblicato da Rhodium Group, fotografano un paradosso, o più probabilmente un’antitesi: cresce la dipendenza di alcune delle maggiori aziende tedesche mentre Bruxelles e Berlino perseguono esplicitamente politiche di derisking economico.
L’impennata degli investimenti è avvenuta nonostante i crescenti venti geopolitici ed economici, che per esempio hanno indotto le imprese statunitensi e giapponesi a ridurre i loro investimenti in Cina. Le fusioni e acquisizioni europee in Cina, invece, hanno subito un forte rallentamento negli ultimi due anni.
Le aziende europee stanno affrontando una nuova realtà in Cina, caratterizzata da una competizione locale sempre più forte, un’economia in declino, pressioni politiche crescenti e barriere di mercato più alte. Per alcune aziende, come i produttori tedeschi di automobili, questa situazione ha portato a un raddoppiamento degli investimenti in Cina, attraverso acquisizioni, centri di ricerca e sviluppo e partnership locali per mantenere le quote di mercato e ridurre i rischi geopolitici. Tuttavia, molte altre aziende europee non considerano più la Cina un’opzione d’investimento vantaggiosa: il 38% degli intervistati da InterChina nel 2023 che valuta una possibile dismissione di asset o unità in Cina.
Come detto, è la Germania a trainare l’aumento. Gli investimenti esteri diretti tedeschi hanno rappresentato il 57% degli investimenti totali dell’Unione europea in Cina nella prima metà del 2024, il 62% nel 2023 e un record del 71% nel 2022. Dal 2022 gli investimenti esteri diretti legati al settore automobilistico hanno rappresentato circa la metà di tutti gli investimenti dell’Unione europea in Cina.
E nel futuro? Come notano gli esperti di Rhodium Group, nella prima metà del 2024 sono stati annunciati diversi investimenti multimiliardari. Il che significa che i livelli di investimenti esteri diretti nell’Unione europea rimarranno probabilmente elevati fino alla fine dell’anno e nel 2025. Ma questi livelli probabilmente scenderanno negli anni a venire. Gran parte dei recenti investimenti dell’Unione europea in Cina sono stati guidati dalla spinta a localizzare la produzione, in parte per isolare le operazioni cinesi dalle tensioni geopolitiche e dalle barriere commerciali. Una volta costruita questa capacità difensiva, e in assenza di prospettive economiche più positive, è probabile che rallentino.
Due eventi potrebbero cambiare questa traiettoria: un conflitto commerciale tra Stati Uniti e Unione europea – possibile se dovesse tornare Donald Trump alla Casa Bianca – potrebbe spingere le aziende europee verso la Cina, mentre una crisi nello Stretto di Taiwan o un maggiore supporto militare cinese alla Russia potrebbe spingerle nella direzione opposta, scrivono gli analisti.
Ma anche senza scenari estremi, la crescente dipendenza economica tedesca dalla Cina rappresenta una sfida per le politiche europee, con tensioni crescenti tra l’agenda di derisking della Commissione europea e gli interessi economici della Germania. Lo abbiamo visto a ottobre, quando il governo tedesco ha votato contro i dazi europei sulle importazioni di veicoli elettrici dalla Cina. “Questi legami sempre più stretti possono influenzare notevolmente la politica della Germania nei confronti della Cina” ed è “probabile che ciò diventi fonte di crescente fonte di tensione all’interno dell’Unione europea e tra Europa e Stati Uniti”, scrivono gli analisti.
Ieri la Cina ha presentato ricorso presso l’Organizzazione mondiale del commercio contro i dazi Ue sulle importazioni di veicoli elettrici decisi il giorno prima dalla Commissione europea e, secondo alcune fonti citate dall’agenzia di stampa Reuters, ha detto alle sue case automobilistiche di fermare i grandi investimenti nei Paesi europei che hanno sostenuto la misura (tra cui l’Italia). Una mossa che potrebbe dividere ulteriormente l’Europa.