Orologi, macchine, gioielli, borse. Il divieto di vendita di prodotti “occidentali” ha colpito specialmente l’élite russa, che però sembra aver trovato il modo di aggirare le limitazioni per non farsi mancare nulla… E cosa c’entrano Turchia Georgia, Azerbaijan e Kazakistan?
Non solo petrolio e aerei. Anche oggetti di lusso come macchine, orologi, gioielli, vestiti, borse e scarpe dei rinomati marchi internazionali sono soggetti alle sanzioni internazionali in Russia. La decisione è stata presa nelle ultime misure approvate dall’Unione europea, gli Stati Uniti e il Regno Unito, per fare pressione contro il governo di Vladimir Putin e cercare una soluzione alla guerra in Ucraina. È stata vietata la vendita di macchine o gioielli di più di 50.000 dollari.
Il divieto di vendita di questi prodotti “occidentali” ha colpito specialmente l’élite russa, che però ha trovato il modo di aggirare le limitazioni per non farsi mancare nulla. Infatti, nonostante i negozi di Hermès e dell’LVMH abbiano chiuso a Mosca, i loro prodotti continuano a circolare sul territorio russo, così come le macchine dei concessionari Maybach o Rolls-Royce, come conferma un’inchiesta del quotidiano El Pais. Il flusso degli oggetti di “alta gamma” è costante e la prova rimane nei report internazionali delle dogane.
La strada per eludere i divieti sembra l’importazione attraverso i Paesi vicini, specialmente del sud, come Georgia, Azerbaijan e Kazakistan, che hanno visto negli ultimi tre anni un aumento considerevole delle transazioni. “Aumento che nelle dinamiche di consumo di questi Paesi non si può spiegare – si legge su El Pais -. Ed è un indizio importante nel ruolo della triangolazione che aiuta all’arrivo di questi prodotti in Russia”.
Anche la Turchia è una delle vie alternative per fare arrivare questi prodotti ai consumatori russi, così come la Bielorussia. Un’inchiesta del sito georgiano iFact sostiene che è “il paradiso del transito di macchine” come Porsche e Lamborghini, che stanno aumentando sempre di più sulle strade delle montagne del Caucaso: “L’acquirente russo deposita la sua fiducia in un trasportista, elemento chiave nel processo, che registra il veicolo a nome suo fuori dalla Georgia e acquista un’assicurazione – si legge su El Pais -. Una volta attraversato il passo del Lars, unico possibile dalla Georgia e nel quale si concentra l’inchiesta di iFact, lo consegna alla controparte russa. Di ritorno in Georgia ricomincia da capo”.
L’Ufficio Nazionale di Statistiche georgiano evidenzia un aumento delle esportazioni di macchine, ma la Georgia non fabbrica automobili. “Se tra il 2012 e il 2021 si esportava una media di 50.000 macchine, nel 2022 sono state 80.000 e nel 2023 invece 108.000. Questo comporta un beneficio di circa 2 miliardi di euro per le casse georgiane”.
Per Robin Brooks, ricercatore del Brookings Institution, l’Europa e gli Stati Uniti sanno bene cosa sta succedendo e prendere misure per evitare questo riciclo di esportazioni è una questione di volontà politica.