L’incontro a Roma tra il nuovo segretario generale della Nato, Mark Rutte, e il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, offre all’Italia nuove opportunità per consolidare le sue priorità nella sicurezza del Mediterraneo. L’analisi di Fabrizio W. Luciolli, presidente del Comitato atlantico italiano
La scelta di Roma come una delle prime capitali visitate dal nuovo segretario generale Nato, Mark Rutte e l’incontro con il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, testimonia il ruolo centrale che l’Italia ricopre nell’ambito dell’Alleanza Atlantica nell’attuale complesso scenario d’in-sicurezza internazionale.
L’avvicendamento dopo un decennio del segretario generale Nato schiude agli Alleati nuove opportunità che per l’Italia si associano anche all’assolvimento di vecchi impegni.
Fra le opportunità che il presidente Meloni non mancherà di cogliere vi è il maggior grado di consapevolezza che l’ex primo ministro olandese ha maturato sulla crescente rilevanza delle minacce e delle sfide alla sicurezza euro-atlantica che originano dalla regione del Mediterraneo allargato e sulle istanze che in merito l’Italia ha da tempo avanzato.
Negli ultimi anni, Rutte aveva espresso una posizione vicina all’Italia per quanto riguarda il contrasto all’immigrazione clandestina e alle organizzazioni criminali che la gestiscono, al punto da rassegnare le dimissioni dall’incarico di primo ministro per le divergenze emerse sul tema nel governo olandese. Significativa era stata anche la sua partecipazione in Tunisia con il presidente Meloni e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in occasione della firma del memorandum of understanding Ue-Tunisia con il presidente tunisino Kaïs Saïed.
In tale prospettiva, nell’incontro con il presidente Meloni potrebbe essere rivalutata la recente nomina dello spagnolo Javier Colomina quale Rappresentante speciale del segretario generale Nato per la regione mediterranea, criticata dall’Italia non solo per la tempistica poco elegante con cui è stata effettuata dall’uscente predecessore Stoltenberg. Decisione che non può considerarsi compensata dalla nomina al vertice del Comitato militare Nato dell’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone.
Con riguardo al sostegno all’Ucraina e al contrasto alla minaccia russa, il governo italiano esprime una posizione ferma e coerente con quella Nato, non solo per la necessità di difendere i valori di libertà e un Paese partner aggredito ma anche perché lesinare gli aiuti oggi avrà conseguenze e costi ben più gravi in caso di un’eventuale occupazione russa.
Sul dossier prioritario ucraino, la posizione italiana afferma la necessità di un approccio a 360 gradi. Mosca, d’altronde, si è dimostrata particolarmente scaltra nel perseguire una strategia che va oltre Kyiv e insieme a Pechino intende minare la Comunità euro-atlantica anche attraverso lo sfruttamento di regimi autoritari nel continente africano e nel Mediterraneo allargato.
In tale contesto, una rinnovata attenzione e impegno sono richiesti nei Balcani, dove l’Italia è tornata a condurre la missione Nato in Kosovo.
L’interdipendenza dell’attuale scenario d’in-sicurezza rende, altresì, necessario proteggere e rivedere le linee di comunicazione marittime e le catene del valore, con particolare rifermento alla imponente sfida posta dalla Cina. La visione del presidente Meloni guarda alla necessità di sviluppare e proteggere una cooperazione indo-mediterranea che parta dall’India con approdo a Trieste, futuro hub europeo.
Sul fronte degli impegni va ricordato che la priorità Nato ribadita da Rutte al suo insediamento è stata quella del rafforzamento della Difesa collettiva e del relativo impegno dei paesi europei, in ritardo decennale nel raggiungimento degli impegni di spesa per la Difesa allineati al minimo del 2% del Pil. Sebbene l’Italia contribuisca in maniera ben più significativa di altri Alleati alle missioni Nato, l’attuazione degli impegnativi Piani regionali per la deterrenza e difesa dell’area euroatlantica rendono ineludibile il raggiungimento degli obiettivi di spesa e capacitivi che da dieci anni tutti i governi nazionali hanno confermato. Con ciò assicurando che la difesa collettiva degli Alleati sia efficace e coerente con il Nato Defence planning process.
L’incontro tra il segretario generale Rutte e il presidente Meloni avviene nel momento in cui la democrazia statunitense esprime il suo momento più alto eleggendo il nuovo presidente.
Qualunque sia l’esito del voto delle elezioni presidenziali statunitensi, nel continente europeo l’Italia si colloca saldamente quale fondamento della sicurezza euroatlantica. Paese fondatore dell’Alleanza Atlantica e dell’Unione europea, l’Italia ha sempre ritenuto che i propri interessi nazionali potessero essere più efficacemente perseguiti attraverso un’attiva partecipazione nella Nato e nell’Unione europea, in un quadro onusiano più ampio. Inoltre, nell’attuale scenario internazionale, il presidente Meloni si presenta all’appuntamento con Rutte con un governo ben più stabile di altri paesi europei, in grado di rappresentare un ponte tra l’amministrazione statunitense e la Commissione europea, di svolgere un ruolo fondamentale nel Mediterraneo allargato e per il rafforzamento di un solido Pilastro europeo dell’Alleanza Atlantica. Impegno quanto mai necessario e al centro dell’agenda della riunione del segretario generale Rutte con il presidente Meloni.