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Oltre il bipolarismo, c’è il Centro popolare e sociale. La versione di Merlo

La collocazione naturale dell’area cattolico popolare e cattolico sociale non può che essere in quegli strumenti politici che hanno come obiettivo prioritario quello di saper declinare una vera cultura di governo attraverso un progetto di centro e che non hanno nel loro dna la deriva massimalista, radicale o vagamente sovranista

Il quadro politico italiano, piaccia non piaccia, ci ha restituito il bipolarismo. Seppur nuovo ed aggiornato, com’è ovvio che sia, dobbiamo fare i conti con un sistema che probabilmente è destinato a durare per molti anni. Certo, il sistema politico è sempre frutto e conseguenza del sistema elettorale in vigore. Se ci fosse la proporzionale pura, come personalmente auspicherei, l’eventuale e potenziale bipolarismo sarebbe meno aggressivo e meno violento. Ma con questa legge è persino scontato che si imponga un epilogo bipolare. Semmai, quello che caratterizza la vicenda politica italiana è che esiste un bipolarismo selvaggio ed aggressivo.

Detto con altre parole, assistiamo a comportamenti di alcune forze politiche che delegittimano, se non addirittura attraverso una vera e propria criminalizzazione, lo schieramento alternativo e concorrente. È il caso della coalizione dell’attuale sinistra – che purtroppo non è più di centro sinistra – che coltiva l’obiettivo di una delegittimazione politica, morale e culturale dell’avversario che nel frattempo è diventato un nemico implacabile e giurato. E la conferma arriva quotidianamente dai comportamenti dei capi dei partiti della sinistra nelle sue multiformi espressioni. Sia quella radicale e massimalista di Schlein, e sia, soprattutto, quella estremista e fondamentalista del trio Fratoianni/Bonelli/Salis e quella populista e demagogica dei 5 Stelle.

Ed è proprio all’interno di questo quadro che il tema del Centro e della “politica di centro” non è appannaggio di chicchessia. Può essere interpretato e declinato solo da quelle forze politiche che perseguono quel progetto all’interno, però, di una coalizione che non sia estranea ed esterna alla cultura, alla prassi, al pensiero e all’indole centrista e moderata.

E, nello specifico, ad oggi c’è solo un partito come quello di Forza Italia che può assolvere concretamente a quel compito. Semprechè non si prendano in considerazione quelle centinaia di sigle centriste che, seppur lodevolmente, esistono in quanto sono la semplice somma degli aderenti a quelle infinte sigle e contenitori. Importanti a livello testimoniale ma del tutto irrilevanti a livello politico per non parlare del versante elettorale dove, semplicemente, non esistono.

E, su questo versante, la collocazione naturale dell’area cattolico popolare e cattolico sociale non può che essere in quegli strumenti politici che hanno come obiettivo prioritario quello di saper declinare una vera cultura di governo attraverso un progetto di centro e che non hanno nel loro dna la deriva massimalista, radicale o vagamente sovranista.

Per queste ragioni, semplici ma essenziali, si rende sempre più necessario ed indispensabile che chi si candida ad occupare quel ruolo nella cittadella politica italiana, non possa e non debba fare a meno del concreto apporto della cultura e del pensiero cattolico popolare e cattolico sociale. Perché solo con un partito o un luogo politico plurale è possibile far rivivere e ridare piena cittadinanza al Centro e a una vera e credibile “politica di centro”. E, in questa cornice, il contributo dei cattolici popolari e sociali sarà ancora una volta decisivo e determinante.



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