Resta ancora molto da fare per trasformare la salute di genere da tema di nicchia a priorità trasversale nei sistemi sanitari, integrando questa prospettiva sia nella ricerca che nell’assistenza. Chi c’era e cosa è stato detto all’appuntamento “La salute al femminile: un ponte tra Italia e Stati Uniti” al Centro Studi Americani
Negli ultimi anni, la medicina di genere è diventata protagonista di un dibattito sempre più rilevante nel panorama scientifico e pubblico. Tuttavia, resta ancora molto da fare per trasformare la salute di genere da tema di nicchia a priorità trasversale nei sistemi sanitari, integrando questa prospettiva sia nella ricerca che nell’assistenza. Nonostante alcuni progressi significativi – come il riconoscimento delle differenze nella manifestazione delle malattie tra uomini e donne e l’importanza di personalizzare le cure – troppe lacune persistono. Molti farmaci, infatti, continuano a essere sviluppati con una prospettiva neutra, ignorando le differenze biologiche e culturali tra i sessi. Di questo si è parlato al Centro Studi Americani in occasione dell’appuntamento “La salute al femminile: un ponte tra Italia e Stati Uniti”.
LA NECESSITÀ DI UN CAMBIAMENTO CULTURALE
“Quando parliamo di medicina di genere, spesso non sappiamo cosa significhi davvero”, ha osservato Anna Maria Moretti, presidente della Società internazionale di medicina di genere. “Il cambiamento culturale è ancora in itinere, e non abbiamo piena consapevolezza della portata di questo concetto”. Uno degli aspetti più critici riguarda la mancanza di consapevolezza sull’impatto degli effetti collaterali dei farmaci, spesso testati prevalentemente sugli uomini senza considerare adeguatamente le donne. Beatrice Lorenzin, senatrice e coordinatrice del progetto “Health & Science Bridge”, ha sottolineato che il problema è ancora profondamente culturale. Per superare queste barriere, Lorenzin ha ribadito l’importanza di “un approccio evidence-based e del coinvolgimento di tutti i decisori politici per promuovere un cambiamento reale”. “Finché sarà necessario spiegare che la salute non può prescindere dalla medicina di genere, sapremo che il cammino è ancora lungo; ma non possiamo ignorare i passi avanti che ci hanno portato fin qui, gettando le basi per un futuro più equo e consapevole”, ha aggiunto Alessandra Micelli, condirettore di Formiche e direttore di Healthcare Policy.
RICERCA E INNOVAZIONE
La necessità di investire nella ricerca è stata un punto cardine del dibattito. Lorella Battelli, associate professor di Neurology presso la Harvard medical school, ha evidenziato come “la risposta a molti trattamenti sia totalmente diversa fra uomini e donne” e ha invitato a destinare maggiori fondi alla ricerca. Un’opinione condivisa da Annamaria Colao, professoressa di Endocrinologia all’Università Federico II di Napoli, che ha dichiarato: “La donna ha una sua biologia che andrebbe salvaguardata; bisognerebbe riscrivere interamente i libri di medicina in ottica di medicina di genere”.
PREVENZIONE DI GENERE
Anche la prevenzione è emersa come una leva fondamentale. Violante Guidotti Bentivoglio, ceo di Komen Italia, ha sottolineato l’importanza della diagnosi precoce: “Il tumore al seno colpisce una donna su nove, ma se preso in tempo si interviene. La prevenzione è lo strumento più importante che abbiamo”. Parallelamente, Giulia Menichetti, Faculty member della Harvard medical school, ha richiamato l’attenzione sul ruolo dell’alimentazione nella medicina di genere: “Anche nel campo dell’alimentazione non ci si rende conto di quanto sia importante considerare il genere nelle valutazioni cliniche. La medicina personalizzata rimane la chiave di volta”. “Troppo spesso la medicina di genere è vista come un costo, e non come un’opportunità. Non si investe mai abbastanza in prevenzione”, ha aggiunto Lorenzin.
SINERGIE VIRTUOSE
Il futuro della medicina di genere richiede un cambio di paradigma che metta al centro i dati, la personalizzazione e il dialogo tra esperti e istituzioni. “Dobbiamo promuovere momenti di confronto fra esperti e istituzioni per garantire che la medicina di genere diventi una realtà concreta e non solo un obiettivo teorico”, ha riferito Anna Maria Moretti. Allo stesso tempo, Giulia Menichetti ha evidenziato il ruolo chiave della medicina personalizzata: “Solo considerando le specificità di genere possiamo affrontare con successo le sfide cliniche del futuro”. La sinergia tra prevenzione, innovazione e cultura scientifica, dunque, non è solo auspicabile ma necessaria per tutelare la salute femminile e migliorare l’efficienza complessiva del sistema sanitario. Come emerso chiaramente dal dibattito, investire nella medicina di genere significa non solo garantire equità nelle cure, ma anche costruire un sistema sanitario più sostenibile, inclusivo e capace di rispondere alle sfide di un mondo in continua evoluzione.