La cooperazione sui due lati della Manica si rafforza, con un focus particolare sulle sanzioni e il contrasto alla disinformazione. Nuove sanzioni e un dialogo bilaterale rafforzeranno la collaborazione. L’analisi di Leonardo De Agostini (EU Institute for Security Studies)
Il summit della Comunità politica europea tenutosi a Blenheim la scorsa estate ha rappresentato una prima opportunità per il nuovo governo britannico di presentarsi ai partner europei, in vista di un possibile reset delle relazioni. Ma se emendare l’accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione tra l’Unione europea e il Regno Unito (Tca) richiederebbe notevoli sforzi negoziali, un accordo nel campo della sicurezza e difesa costituirebbe l’ovvio punto di partenza. A maggior ragione dopo gli esiti delle elezioni negli Stati Uniti. In quest’ottica, le recenti mosse da entrambi i lati della Manica per contrastare le minacce ibride, in particolare la disinformazione russa, sono un ottimo indicatore.
Lo scorso 14 ottobre, infatti, David Lammy, ministro degli Esteri britannico, invitato ai lavori del Consiglio affari esteri dell’Unione europea tenutosi in Lussemburgo, ha dichiarato che la sicurezza del Regno Unito è “indivisibile da quella europea”. La politica estera e di difesa appare quindi come il settore dove una collaborazione sulle due sponde della Manica appare più naturale per un chiaro allineamento di interessi sulla difesa del continente e perché meno divisivo politicamente di altri dossier legati alla Brexit. E il contrasto alle interferenze russe ne è il perfetto esempio.
Nel comunicato congiunto con Josep Borrell che propone l’istituzione di un dialogo semestrale sulla politica estera tra il ministro degli Esteri britannico e l’Alto rappresentante dell’Unione europea, per consentire una maggiore cooperazione strategica, le minacce ibride sono identificate come oggetto di ulteriori e regolari consultazioni strategiche a partire dal 2025.
Un esempio pratico dell’allineamento di interessi e del de facto coordinamento di policy già esistente sono le recenti sanzioni contro i tentativi di ingerenze russe. Il 28 ottobre il governo britannico ha sanzionato tre agenzie e altrettanti individui russi, tra cui la Social Design Agency, un proxy del Cremlino legato alla campagna Doppelganger. La SDA era già stata precedentemente individuata dal Servizio europeo per l’azione esterna e dall’agenzia francese Viginum come responsabile delle campagne Doppelganger, “RRN” e di altri tentativi di destabilizzazione durante le ultime elezioni europee.
Nel frattempo, ci sono novità anche da Bruxelles. A inizio ottobre il Consiglio dell’Unione europea ha introdotto un nuovo framework di sanzioni dedicato alle minacce ibride russe. Questo nuovo strumento permetterà all’Unione di sanzionare entità e individui ritenuti responsabili di azioni atte a destabilizzare l’Unione e i suoi Stati Membri, la loro sicurezza, indipendenza e integrità. In particolare, questo nuovo framework darà la possibilità di fronteggiare diverse tattiche del repertorio della guerra ibrida del Cremlino: l’indebolimento dei processi elettorali e il funzionamento delle istituzioni democratiche; le minacce e i sabotaggi contro attività economiche, servizi di interesse pubblico e infrastrutture critiche; il ricorso all’interferenza e manipolazione delle informazioni (Fimi); l’attività cyber e la strumentalizzazione delle migrazioni.
Se chiaramente il Regno Unito e l’Unione europea sono partner naturali nel contrasto alle attività destabilizzanti di Mosca, il dato che emerge in questo caso è che le sanzioni britanniche abbiano seguito quelle europee. Tradizionalmente era Londra a essere percepita come capofila contro il Cremlino – a partire dalle sanzioni del Magnitsky Act e in seguito alle numerose attività illegali russe sul suolo britannico come il tentato duplico omicidio a Salisbury. Ora è stata Bruxelles a dare l’esempio.
Come recentemente emerso al Fimi Forum di Londra (organizzato annualmente dalla delegazione dell’Unione europea nel Paese) il contrasto alle attività ibride del Cremlino, e specialmente alla disinformazione in un anno costellato di elezioni, beneficia di una stretta cooperazione fra i partner G7. Cooperazione a tutti i livelli, che parte necessariamente da una comune classificazione della minaccia e comprensione delle tattiche, delle tecniche e delle procedure impiegate. Una collaborazione che passa anche dalla diffusione della definizione di Fimi (foreign information manipulation and interference), la manipolazione informativa per come definita dal Servizio europeo per l’azione esterna, ora ampiamente utilizzata in ambito G7.
In conclusione, il contrasto alla disinformazione, che viene sempre più percepita come una vera e propria security threat la cui risposta non può essere limitata alla sola comunicazione strategica, sembra rappresentare un ideale punto di partenza per una maggiore cooperazione tra Londra e Bruxelles. A partire dal fronte comune contro quelli che il ministro degli Esteri britannico ha definito i “disperati tentativi di Mosca di minare il supporto all’Ucraina”.