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L’intelligence al G7, un salto culturale. La riflessione di Caligiuri

Non si è mai sentito parlare tanto di intelligence durante i conflitti come adesso, anzi le comunicazioni più delicate hanno come fonte i Servizi. È in tale contesto che si è svolta la prima riunione delle commissioni parlamentari di controllo sull’intelligence dei Paesi del G7. Il commento di Mario Caligiuri

Che anche nel G7 ci si occupi di intelligence non deve stupire. Impensabile fino a pochissimi anni fa, oggi c’è la consapevolezza, nei vari paesi, che l’intelligence rappresenti una forma decisiva per la difesa della democrazia.

Secondo me c’è una data precisa in cui si è avviata questa trasformazione culturale. Ed è il 7 gennaio del 2015 quando a Parigi c’è stato l’assalto dei fondamentalisti islamici alla redazione del giornale satirico  Charlie Hebdo.

Praticamente da allora non è trascorso giorno in cui nei telegiornali e sui quotidiani non sia stata riportata la parola magica “Intelligence”, considerata quasi come un’arma segreta delle democrazie.

Circostanza che è stata confermata in maniera ancora più evidente con lo scoppio della guerra in Ucraina e poi con gli eventi della striscia di Gaza.

Infatti non si è mai sentito parlare tanto di intelligence durante i conflitti come adesso, anzi le comunicazioni più delicate hanno come fonte i Servizi, poiché vengono considerate dalle opinioni pubbliche dei vari paesi particolarmente credibili.

In questo modo, l’intelligence è diventata, di fatto, uno degli attori del dibattito pubblico.

È in tale contesto, che si è svolta la prima riunione delle commissioni parlamentari di controllo sull’intelligence dei Paesi del G7.

Stando alle notizie finora apparse, il presidente della Camera Lorenzo Fontana ha posto in evidenza il ruolo dei Parlamenti sui temi della sicurezza informatica, dello scenario geopolitico e della dimensione economica.

Per l’autorità delegata alla sicurezza della Repubblica Alfredo Mantovano nel mondo stanno pericolosamente aumentando i conflitti e questo richiede nello stesso tempo un rafforzamento dei compiti dell’intelligence e un maggiore controllo democratico.

Il presidente del Copasir Lorenzo Guerini ha affermato che esiste un aumento globale dell’insicurezza al quale le nazioni rispondono aumentando le spese militari.

In definitiva, cresce il bisogno di Intelligence in un mondo sempre più in guerra, in cui i conflitti sono destinati a essere combattuti sempre di più nel cyber spazio, negli ambiti economici, culturali e dell’informazione.

È quindi di particolare significato che questo tema sia entrato porta principale all’interno dei confronti del G7.

Le circostanze poi che questo sia avvenuto durante il semestre italiano, conferma l’attenzione politica che governo e Parlamento hanno verso un settore che è già fondamentale, ma che diventerà sempre più strategico.

Infatti, proprio l’intelligence è preposta a tutelare l’interesse nazionale, la stella polare che dovrà guidare sempre di più le politiche pubbliche, in una fase storica segnata dal disordine.

Per cui mai come oggi i reggitori dello Stato non possono che ragionare in termini di intelligence. E la riunione del G7 sul tema va in questa direzione.



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