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La crisi francese è anche un po’ europea? Oppure Francia in crisi ma non troppo? La lettura di Braghini

Di Fabrizio Braghini

Se in Francia è necessaria una stabilità politica ed economica quali fattori determinanti per il lancio di nuovi investimenti, sullo sfondo appare l’inadeguatezza di una governance su cui è costruita l’Europa, che potrebbe essere superata da una revisione dei Trattati. Tema che non è in agenda

Con la mozione di sfiducia al governo Barnier, la Francia è entrata in un contesto inedito e in una spirale in discesa che mette insieme crisi istituzionale, economica e di bilancio. I prodromi erano già diffusi nella società con critiche alla globalizzazione, al modello sociale, di consumo e di vita. Dai sintomi si è passati velocemente alla realtà giornaliera di scioperi e perdite di lavoro, disaffezione verso le istituzioni, perdita di competitività e di proiezione internazionale. La perdita di influenza nel Sahel è un duro colpo per la Francia che è uscita dalla regione a vantaggio di Russia, Cina e movimenti islamici.
L’incertezza politica rischia di ripercuotersi sull’attività economica e gli investimenti delle imprese, con previsioni economiche al ribasso.

Il tessuto industriale è in difficoltà, la promessa reindustrializzazione non si è realizzata e si registra un saldo negativo tra aperture e chiusure di imprese con rilevanti impatti sociali, il saldo commerciale è in deficit, l’autonomia strategica è senza quattrini, la legge pluriennale della difesa è inadeguata e concettualmente superata. La Francia è anche oggetto di una procedura per deficit eccessivo insieme ad altri 5 Paesi; e a parere di esperti finanziari non può escludersi il rischio di un contagio del rischio sul debito pubblico.

Occorre in ogni caso pensare che questa situazione non si limita a Parigi, ma è una questione strutturale in Europa, come rappresentato dalle ripercussioni della crisi di competitività del settore automobilistico, dal peso del debito pubblico e dei vincoli europei, dalle difficoltà a competere nella tecnologia e nel commercio ormai weaponised con Stati Uniti e Cina, che hanno adottato misure protezioniste e di sussidi che l’Europa non può o non è in grado di sostenere. La competizione è tra le due superpotenze, con l’Europa in mezzo considerata come detto da Breton una potenza regionale. Dall’altro lato la Francia dispone pur sempre di solidi atouts con effetti di leverage. Si pensi alla continuità del sistema istituzionale supportato da una efficiente e organizzata burocrazia, di un continuo consenso nel promuovere e tutelare gli interessi nazionali, alla leva competitiva dell’energia nucleare che riduce i costi dell’elettricità, al rilevante volume di esportazioni di velivoli civili e militari.

Inoltre, il Paese è riuscito costruire in Europa, come in passato, un forte posizionamento all’interno dell’organizzazione comunitaria, con numerose posizioni chiave (come i capi di gabinetto) nella Commissione Europea al pari della Germania. E anche se entrambi i governi si trovano in una posizione di debolezza, il tradizionale motore europeo, l’asse franco-tedesco, continuerà a dare l’imprinting, a influenzare e imporre le proprie priorità sulle nuove politiche comuni e sul budget settennale della Ue. Questo dovendo superare i percorsi divergenti di impostazione strategica e finanziaria tra i due Paesi, che impattano sulle politiche di bilancio, commerciali (vedasi Mercosur) e sulle collaborazioni industriali nei comparti critici dell’alta tecnologia.

Da questa angolazione si può ritenere che le prospettive potrebbero essere positive, nonostante la frammentazione, le incertezze e lentezze di un’Europa impostata sul libero mercato e la dottrina di bilancio tedesca, che non sembra pronta ad adeguarsi al nuovo ciclo economico e alle trasformazioni verso una nuova era di sicurezza globale che non riflette più il tradizionale consenso geopolitico. Infatti il difficile contesto internazionale si caratterizza per conflitti in corso vicino a casa, tensioni geo-economiche che inficiano il funzionamento dell’economia europea, crescente concorrenza di nuovi paesi nel Global South che hanno nuove forme di coordinamento (es. Brics, Sdo) e un approccio critico dei valori occidentali. Se in Francia è necessaria una stabilità politica ed economica quali fattori determinanti per il lancio di nuovi investimenti, sullo sfondo appare l’inadeguatezza di una governance su cui è costruita l’Europa, che potrebbe essere superata da una revisione dei Trattati, tema che non è in agenda.


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