Se deve nascere un Centro è di tutta evidenza che non può limitarsi a regalare uno spazio di potere ai vari federatori – candidature in Parlamento o ruoli di governo, se si vincono le elezioni, o di sottogoverno se si perdono – ma, al contrario, si deve caratterizzare sul terreno politico e della sua progettualità. In altri termini, sul profilo politico della coalizione e sui contenuti che la contraddistinguono
In transatlantico – cioè nello storico corridoio dei “passi perduti” della Camera dei Deputati – circola una battuta feroce ma anche divertente. Ovvero, nel pianeta composito ed articolato del cosiddetto Centro “ci sono più federatori che consensi”. Eettivamente, e al di là della provocazione, è abbastanza evidente che i federatori di quest’area politica crescono e si moltiplicano come funghi mentre i consensi dei rispettivi partiti o languono o sono sempre in attesa di decollare.
È un fenomeno, questo, che avviene in forme diverse negli schieramenti politici maggioritari. Se, per entrare nel merito, nel campo dell’attuale coalizione di governo c’è un partito dichiaratamente ed esplicitamente centrista e moderato come Forza Italia e affiancato dal piccolo movimento di Lupi, è nel campo del centro sinistra che si registra questa moltiplicazione esponenziale di aspiranti federatori e di sigle. Al di là delle decine e decine di sigle politiche e culturali locali che sono vagamente riconducibili al Centro, è sul versante nazionale che avviene questa strana e progressiva crescita di federatori in questo campo politico.
Un campo centrista, che, al di là di ogni battuta o provocazione, continua – comunque sia – a ricoprire e ad avere un ruolo politico, culturale e programmatico fondamentale per l’intero sistema politico italiano e per la sua efficienza ed efficacia. I nomi, ad oggi, li conosciamo quasi tutti ma è bene ricordarli per avere chiara qual’è la vera posta in gioco. Dal capo di Italia Viva Renzi al leader di Azione Calenda, dal capo di una lista civica che appoggiava il sindaco di Roma Gualtieri alle ultime elezioni locali al federatore per eccellenza, il sindaco di Milano Sala. Per non parlare del nuovo partito liberal/democratico di Marattin sino al Direttore del’Agenzia delle Entrate – è notizia di questi ultimi giorni – il cattolico Runi. In attesa, come ovvio e scontato, che ne arrivino altri in vista delle prossime elezioni politiche del 2027.
Ora, al di là di queste candidature o auto candidature che siano, l’unico dato politico rilevante è che un progetto centrista, riformista e moderato e, al contempo, la declinazione di una vera ed autentica “politica di centro”, si caratterizzano sui fatti concreti e non sulle declamazioni astratte. E, soprattutto, il Centro e la “politica di centro” non decollano all’interno di una coalizione che si caratterizza per la sua cifra massimalista, radicale, populista, estremista o sovranista. E, sotto questo versante, la coalizione che è molto più esposta è oggettivamente quella progressista o di sinistra che dir si voglia. E questo per la semplice ragione che il blocco sociale che tiene insieme quella coalizione è rappresentata, checchè se ne dica, dalla sinistra radicale e massimalista di Schlein, dalla sinistra estremista e fondamentalista del trio Fratoianni/Bonelli/Salis e dalla sinistra populista e demagogica di Conte e dei 5 Stelle.
Se deve nascere un Centro da quelle parti è di tutta evidenza che non può limitarsi a regalare uno spazio di potere ai vari federatori – candidature in Parlamento o ruoli di governo, se si vincono le elezioni, o di sottogoverno se si perdono – ma, al contrario, si deve caratterizzare sul terreno politico e della sua progettualità. In altri termini, sul profilo politico della coalizione e sui contenuti che la contraddistinguono. Perché per indicare i federatori c’è sempre tempo. Quelli, intanto, come l’esperienza insegna, non mancano mai.