Lesa maestà, o quasi. Ben pochi hanno avuto l’ardire di mandare lettere con precisazioni e argomentazioni in risposta ai puntuti editoriali dei liberisti in servizio permanente effettivo, ovvero Francesco Giavazzi e Alberto Alesina. Si ricordano le brevi missive dell’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, e quelle prolisse e un po’ pedanti dell’ex premier Mario Monti. Mancavano le missive nerborute. La collezione, con quella odierna di Stefano Fassina, è ora completa.
La proposta di Alesina e Giavazzi: tagliare 50 miliardi di tasse all’anno
Con piglio schietto, forse anche troppo schietto per un viceministro dell’Economia, Fassina non esita a criticare e rintuzzare le tesi (non nuovissime) esposte ieri sulla prima pagina del Corriere della Sera dagli economisti Alesina e Giavazzi. Nei loro “martellanti editoriali”, attacca Fassina in una lettera al quotidiano diretto da Ferruccio de Bortoli, e “dopo le definitive confutazioni della loro fantasiosa teoria dell’austerità espansiva, cambiano schema di gioco. Ammettono implicitamente la rilevanza della domanda aggregata e propongono di ricontrattare il limite di deficit per procedere subito a 50 miliardi all’anno di minori tasse e, in un triennio, all’equivalente taglio di spese”.
I tagli previsti dal Rapporto Giavazzi
“Cinquanta miliardi all’anno – prosegue Fassina criticando apertamente le ricette delle due firme del Corriere – equivalgono a licenziare circa un milione di lavoratori e lavoratrici pubbliche. Vi sono ancora ampi spazi di intervento. Ma è insensato puntare a dimezzarlo. E i 10 miliardi di euro del ‘Rapporto Giavazzi’ sulle agevolazioni alle imprese? Sono così composti: quasi 4 sono per Fs, Poste e altre società di servizi pubblici; circa 6 sono contributi agli investimenti e all’occupazione. Alle imprese private vanno circa 3 miliardi (inclusi i 300 milioni per le scuole private). Un risparmio significativo implica aumentare brutalmente biglietti e tariffe e distribuire qualche decina di euro a impresa per il cuneo fiscale”.
No ai tagli, sì alla riallocazione delle risorse
Secondo il viceministro, “non si deve tagliare. Si deve riqualificare e riallocare la spesa attraverso piani di riorganizzazione industriale a ogni livello di amministrazione, preceduti o accompagnati da una revisione del Titolo V della Costituzione. Come arrivare alla necessaria riduzione delle tasse? La via strutturale passa per una ‘Maastricht dell’evasione fiscale’: l’allineamento alla media europea, ossia una riduzione dal 17-18% al 8-9% del Pil, vale 50 miliardi”.
Sono “obiettivi eterodossi rispetto al mainstream, non più egemone ma ancora dominante. Sono discussi dal Fondo monetario internazionale, dalla cultura liberale pragmatica, inseguiti negli Stati Uniti. È un dibattito proibito dai miopi conservatori europei e parte delle tecnostrutture al seguito”, conclude Fassina.
La replica di Alesina e Giavazzi
Ma la replica dei due economisti non si è fatta attendere. “È singolare che il viceministro dell’Economia esprima dei pareri che sono contraddetti dalle ricerche del Fondo monetario internazionale”. Quanto ai risparmi possibili tagliando i contributi pubblici alle imprese, “se non crede ai dati del ‘Rapporto Giavazzi’, chieda alla Ragioneria generale dello Stato”. E la stoccata finale: “Certo che finché membri autorevoli del governo pensano che ‘non si deve tagliare. Si deve riqualificare e riallocare la spesa attraverso piani di riorganizzazione industriale’, né il debito pubblico, né le tasse sul lavoro potranno mai essere ridotti e questo povero Paese va dritto verso un ripudio del debito, accompagnato dal fallimento delle nostre banche e da una recessione che ci farebbe rimpiangere quella che stiamo vivendo”, concludono.