La detenzione del leader, primo presidente sudcoreano arrestato in carica, mette a nudo le tensioni politiche del Paese, che attende la decisione della Corte Costituzionale sul suo futuro
La crisi politica avviatasi nelle ultime settimane in Corea del Sud prosegue. Mercoledì mattina il presidente Yoon Suk Yeol è stato arrestato dagli agenti del Corruption Investigation Office for High-ranking Officials (Cio), in un raid condotto alle prime luci dell’alba e durato circa sei ore a causa della resistenza dello stesso Yoon e dei suoi sostenitori. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa statale della Corea del Sud Yonhap, l’arresto è stato preceduto da un serrato scontro tra gli agenti di sicurezza presidenziale e le forze dell’ordine, con il coinvolgimento di parlamentari del partito conservatore di Yoon, il People Power Party (Ppp).
Yoon Suk Yeol era stato sospeso a dicembre, dopo che il Parlamento aveva votato per il suo impeachment in seguito a un tentativo fallito di imporre la legge marziale il 3 dicembre scorso. Un tentativo di arresto era già stato effettuato nei primi giorni del nuovo anno, anche se con esito fallimentare. Il presidente ad interim e attuale ministro delle Finanze Choi Sang-mok guida il Paese in attesa della decisione della Corte Costituzionale, che dovrà stabilire se confermare l’impeachment o reintegrare Yoon.
“La legge marziale non è un crimine, ma un diritto presidenziale per affrontare una crisi nazionale”, ha dichiarato Yoon in un video registrato prima del suo arresto, che ha anche sostenuto come l’indagine del Cio sia illegittima, e che abbia accettato di collaborare per evitare violenze. Apparentemente, Yoon starebbe rifiutando di rispondere alle domande degli investigatori e non consente la registrazione video degli interrogatori. Gli inquirenti hanno quarantotto ore per completare l’interrogatorio, al termine delle quali dovranno chiedere un mandato per prolungare la detenzione fino a venti giorni.
Park Chan-dae, leader del Partito Democratico, ha dichiarato che “l’arresto di Yoon è il primo passo verso il ripristino dell’ordine costituzionale e dimostra che la giustizia è ancora viva nel nostro Paese”. Anche a livello internazionale, la situazione è seguita con attenzione. Gli Stati Uniti hanno espresso il loro sostegno al rispetto della Costituzione sudcoreana, mentre il governo giapponese ha definito gli sviluppi “di particolare e seria importanza”.
Nonostante l’opinione pubblica sia in maggioranza contraria al tentativo di legge marziale di Yoon, il suo arresto ha galvanizzato una parte della popolazione. Migliaia di sostenitori si sono radunati davanti alla sua residenza e agli uffici del Cio, sventolando bandiere sudcoreane e statunitensi e inneggiando slogan come “Stop the Steal”, in riferimento a presunti brogli elettorali denunciati dallo stesso Yoon. Alcuni manifestanti hanno paragonato la situazione di Yoon a quella dell’ex presidente statunitense Donald Trump, suggerendo che entrambi siano vittime di ingiustizie politiche.
Il futuro politico della Corea del Sud rimane incerto, e fortemente dipendente dalla decisione della Corte Costituzionale. Nel frattempo, la crisi ha messo in luce profonde divisioni politiche e sociali, che potrebbero avere ripercussioni durature su una delle democrazie più dinamiche dell’Asia.