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Napolitano, Craxi e la lezione degli anni Ottanta

“Caro Romano,… spero vivamente di vederti…” Capita di ricevere un invito da un’amica a partecipare ad un convegno sul di lei celebre padre, Bettino Craxi. Il tema centrale è incentrato sulle azioni che hanno contraddistinto il governo presieduto dal leader socialista dal 1983 al 1987. Quindi ti organizzi, fai disdire gli impegni precedentemente presi, levataccia mattutina, treno e via a Roma.

Dopo i saluti, alla presenza del Presidente Napolitano, Stefania apre i lavori ricordando la figura del padre, sottolinea come i comunisti di allora non persero l’occasione di cavalcare l’onda di populismo e demagogia sollevata dalla magistratura milanese, spaventatissimi da quel revisionismo ideologico della sinistra promosso da “un socialista unico, totalmente anti-comunista” come ebbe modo di essere definito dall’allora presidente americano Ronald Reagan. Un inciso: suggerisco a Renzi, qualora non l’avesse già fatto, di andarsi a studiare a fondo quel periodo storico perché gli sarebbe molto utile nel suo percorso…

Nel mentre, osservo il Presidente della Repubblica che ascolta attentamente le parole di accusa pronunciate dalla figlia di Bettino. Non posso fare a meno di pensare a cosa può passare nella mente dell’ex comunista Napolitano, di come la vicenda di Tangentopoli e quella personale e politica di Craxi offrano spunti ancora attualissimi di attenta riflessione per le decisioni che il Capo dello Stato presto dovrà prendere ineludibilmente in merito alle note questioni del Cavaliere.

Poi si susseguono gli interventi di noti professori, non socialisti e nemmeno di parte, dai quali emerge chiaramente lo statista Craxi ed inducono a riflettere su come la sua vicenda storica sia ancora viziata da un cieco giustizialismo fomentato da una certa stampa e miseri interessi di opportunismo politico di alcuni. Le monetine del Raphael rimangono nella memoria collettiva della gente, alterando così il valore del pensiero riformista del precursore Craxi ed i risultati conseguiti dal suo governo: dal valore della sua politica estera – basti ricordare l’ingresso dell’Italia nel G7 – ad una politica economica che portò il Paese a superare per prodotto interno la Francia e la Gran Bretagna, al concordato con la Chiesa.

Purtroppo, populismo e demagogia sono i peggiori nemici di una moderna e sana democrazia, come lo è del resto il vizietto di alcuni che si ripete ancora oggi, ovvero quello di delegare a terzi il compito di sconfiggere mediaticamente e politicamente l’antagonista, visto solo come un nemico e non come un interlocutore con il quale confrontarsi per il bene comune: libertà è avere rispetto prima di tutto dei diritti degli altri, ma anche di poter difendere i propri e, nel caso di un leader politico qualunque esso sia, quelli dei suoi elettori.

Tornando al convegno, dopo che il Presidente si è congedato, nel pomeriggio è il turno delle testimonianze dei diretti protagonisti dell’epoca – da De Michelis, all’allora direttore della banca d’Italia Lamberto Dini, a Fedele Confalonieri, Forlani per citarne solo alcuni – si succedono agli accademici interventi del mattino, il tutto sotto la regia del sapiente Bruno Vespa nazionale. Nell’informale dibattito, si alternano le memorie che danno risalto sia al dinamismo ispirato anche dalla sua Milano, sia al tanto discusso decisionismo craxiano, ovviamente dissacrato dalla sinistra comunista di allora “…che voleva vedere la televisione in bianco e nero quando il colore aveva fatto da tempo la sua comparsa ed era oramai nelle case di tutti gli italiani” …

Ed in treno, rivivendo con la memoria gli anni ’80, ti scopri a pensare quanto attuali siano i temi affrontati nella giornata e di come sia evidente il rischio di commettere gli stessi tragici errori di Tangentopoli. Si badi, non c’entra un certo parallelismo tra le vicende di Craxi e quelle di Berlusconi, non c’entra l’appartenenza ad una determinata cultura o parte politica e nemmeno l’essere il garantista o il giustizialista del caso. La politica allora diede prova di grande ipocrisia ed alcuni si salvarono per questo da una giustizia afflitta dalla sindrome della lente d’ingrandimento, dando poi il via ad una stagione ventennale di conflitti ancora oggi lungi dall’essere finiti.

Sembra davvero che la storia si ripeta ed i disastri attuali e quelli futuri sono di tutta evidenza, ancora più gravi di quelli passati. Con tutto il rispetto, magari grazie anche ai ricordi personali che il convegno gli avrà sicuramente stimolato, auspico solo che il Presidente Napolitano non commetta l’errore del suo illustre predecessore Cossiga e possa trovare una soluzione politica per il cul de sac in cui si trova il Paese: data l’impotenza e l’incapacità manifestate dal Parlamento, davvero non rimane altro che questa presidenziale uscita d’emergenza dalla palude del non fare, quando invece avremmo bisogno di tanto, ma tanto decisionismo.


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