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L’IA cambierà l’intelligence? Il saggio di Neuberger e i dubbi di Moore

La vice consigliera per la sicurezza nazionale della Casa Bianca su “Foreign Affairs”: l’intelligenza artificiale può trasformare profondamente lo spionaggio integrando dati satellitari e segnali elettronici, ma ancora affronta limiti significativi. E, nonostante i progressi, il giudizio umano rimane essenziale, come aveva sottolineato il capo di MI6

La storia dell’intelligenza artificiale nell’ambito dell’intelligence è un racconto di ambizioni tecnologiche e limiti pratici. Fin dagli anni Cinque, con il Perceptron di Frank Rosenblatt, l’idea di automatizzare l’analisi dei dati raccolti da sistemi di sorveglianza ha affascinato le agenzie di intelligence. Sebbene gli esperimenti iniziali non abbiano raggiunto i risultati sperati, hanno gettato le basi per un futuro in cui l’intelligenza artificiale promette di rivoluzionare il settore, come evidenziato da Anne Neuberger, vice consigliera per la sicurezza nazionale del presidente statunitense Joe Biden con delega a cyber e tecnologie emergenti, su Foreign Affairs.

Le proposte di Neuberger

Neuberger sostiene che l’intelligenza artificiale potrebbe trasformare profondamente il lavoro delle agenzie di intelligence. Una delle sue proposte chiave è lo sviluppo di un’entità AI capace di: Integrare immagini satellitari, segnali elettronici, fonti aperte e sistemi di misurazione; analizzare automaticamente le immagini e tradurre le comunicazioni vocali in modo istantaneo. Secondo lui, per realizzare queste innovazioni, il Congresso degli Stati Uniti deve investire nella creazione di infrastrutture moderne, sostenere attività pilota su larga scala e rafforzare le capacità di valutazione. Questi passi permetterebbero di accelerare l’adozione dell’intelligenza artificiale nelle attività critiche e di mantenere un vantaggio competitivo rispetto ad avversari come la Cina e la Russia.

L’evoluzione storica

Come evidenziato dall’Economist a luglio, il Perceptron rappresentò uno dei primi tentativi di applicare le reti neurali all’intelligence, finanziato dalla Central Intelligence Agency negli anni Cinquanta per analizzare immagini aeree. Tuttavia, la mancanza di potenza di calcolo e dati di addestramento portò al fallimento dell’esperimento. Da allora, i progressi nell’algoritmica e nella capacità computazionale hanno reso l’intelligenza artificiale uno strumento più efficace.

Oggi, strumenti di visione artificiale aiutano ad affrontare il problema della mole di immagini da analizzare. Per esempio, nel contesto dell’intelligence geospaziale (Geoint), gli algoritmi possono segnalare automaticamente i cambiamenti significativi nelle immagini satellitari, rendendo gli analisti almeno il doppio più produttivi. Durante la guerra in Ucraina, questa tecnologia ha dimostrato il suo valore, permettendo una raccolta dati automatizzata tra sensori diversi e migliorando velocità e accuratezza dell’analisi.

Sfide e limiti

Nonostante i progressi, esistono ancora limiti significativi. Gli algoritmi spesso raggiungono una precisione del 70-80%, ma restano inferiori agli esseri umani in contesti complessi, come il riconoscimento di equipaggiamenti militari danneggiati o oggetti parzialmente nascosti. Inoltre, come sottolineato dall’Economist, le attuali tecnologie di intelligenza artificiale, inclusi i grandi modelli linguistici come GPT-4, non sono ancora affidabili per la produzione di rapporti di intelligence finiti. Servono nuovi modelli ibridi che combinino approcci statistici e logici per migliorare le capacità analitiche. Un altro ostacolo riguarda l’integrazione tra i sistemi di diverse agenzie. Come ha dichiarato Jason Matheny, ex responsabile per la tecnologia e la sicurezza nazionale alla Casa Bianca, la vera sfida è garantire l’interoperabilità dei database e delle infrastrutture.

Il ruolo cruciale del fattore umano

Nonostante le promesse dell’intelligenza artificiale, l’elemento umano resta imprescindibile. Un anno e mezzo fa, Sir Richard Moore, capo di MI6, il servizio di spionaggio britannico, ha sottolineato come l’intelligenza artificiale possa supportare ma non sostituire il giudizio umano, specialmente in attività come il reclutamento di risorse umane e l’analisi contestuale. Jack O’Connor, ex funzionario della Central Intelligence Agency, ha osservato che gli algoritmi non possono percepire l’importanza di dettagli assenti in un’immagine, una competenza tipicamente umana. L’intelligenza artificiale sta rapidamente diventando una componente centrale delle operazioni di intelligence, offrendo vantaggi significativi in termini di velocità, accuratezza e capacità analitica. Tuttavia, per sfruttarne appieno il potenziale, è necessario affrontare sfide tecnologiche, etiche e operative. Come scrive Neuberger, il successo dipenderà non solo dall’adozione di tecnologie innovative, ma anche dalla capacità di mantenerne l’uso conforme ai principi democratici e ai diritti fondamentali. L’equilibrio tra tecnologia e fattore umano resterà la chiave per garantire che l’intelligence del futuro sia efficace e responsabile.


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