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Phisikk du role – Una Schengen anche per la politica

Il centro italiano non parte perché manca il leader, il super partes che non venga percepito come un competitor. Allora, perché non chiedere a Merkel?

Due notarelle veloci veloci pescate al volo dalla cronaca politica di questi giorni. La prima è l’eterno ritorno del dibattito sul centro che non c’è ma che se ci fosse sarebbe meglio perché pare che tutti lo vogliano o provino a intestarselo con diverse dimensioni di spudoratezza. Allo stato la tradizionale vegetazione cespugliosa, che ha caratterizzato negli ultimi decenni il centrismo politico, sembrerebbe indicare una concrezione meno solubile sul fronte destro, da che l’egemonia dell’area non è più di Silvio Berlusconi, inventore della destra e suo cooptatore, ma è passata alla Meloni. Automaticamente la coccarda moderata si è appiccicata sul petto di Antonio Tajani, dato che gli egemoni fanno già la destra/destra.

Diverso è il quadrante sinistro, da sempre maestro dei pulviscoli stellari, che non riesce a dare forma a un soggetto “centrista” perché i due maggiori azionisti del brand non si prendono. E poi dici che la psicanalisi non c’entra con la politica… Allora il dibattito che ha appassionato i cultori della materia e qualche testata in carta stampata, e che ha visto autorevoli civil servant, freschi di dimissioni da ruoli apicali nella grande macchina del fisco, proiettati da qualcuno verso il ruolo di grandi coagulatori del nuovo centro post-democristiano, è apparso, come dire?, un tantino surreale. Per più ragioni, ma per una in particolare: resta tutto ancora nel recinto del ceto politico, in questo caso addirittura della casa ospitante, che è il Partito democratico.

Ma alziamo lo sguardo (siamo o no europei?) e incrociamo gli occhi di una donna tedesca di nome Angela Dorothea Kasner, maritata Merkel, per sedici anni cancelliera e leader indiscussa dell’Europa unita, democristiana della Cdu, che, squarciando il velo del silenzio autoimposto dopo l’uscita dal ruolo di capo del governo, ha parlato per bacchettare il nuovo leader della Cdu, Friedrich Merz, per aver negoziato i voti decisivi della destra estrema dell’Afd per approvare una mozione contro gli immigrati. L’ha fatto per ragioni di merito, certo, perché la cancelliera Merkel, pur scontando la perdita di consensi popolari, fu quella che fece entrare un milione e mezzo di immigrati siriani in Germania per far fronte alla mancanza di mano d’opera qualificata nel manifatturiero nazionale, riuscendo a vincere la scommessa. Ma l’ha fatto anche per dichiarare la sua fedeltà al patto di tener fuori dal governo forze venate di suggestioni filo naziste. E l’ha fatto non da posizioni sinistrorse, ma in coerenza con il suo essere democristiana tedesca, dunque, ciò che può paragonarsi ai dc italiani del fronte moderato. Questa Merkel, che dall’8 dicembre 2021 non aveva più detto una parola di politica, rifuggendo riflettori e lusinghe, è tornata a dire ciò che era necessario per mettere in guardia il suo partito e il Paese. Una così merita rispetto.

Anzi, a ben pensarci, merita anche qualcosa di più. Ragionando: il centro italiano non parte perché manca il leader, il super partes che non venga percepito come un competitor. Allora, visto che siamo nell’Europa di Schengen, che ci consente un libero scambio, perché non la facciamo venire qui da noi in Italia a fare da federatrice dei cespugli vari del Centro? È centrista, indubitabilmente, è brava, sa mediare, ha governato il Paese europeo più popoloso, ricco e industrializzato dell’Unione europea, in più ama l’Italia e la sua cucina. Non è in concorrenza con nessuno e, se volete, nello scambio, possiamo cedere ai germanici due o più politici già usati. Usato garantito, s’intende. I nomi li facciamo dopo la cessione della Merkel.


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