In attesa del Summit di Anversa del 26 febbraio e dell’attuazione del Compass europeo è indispensabile affrontare con urgenza il costo del gas e dell’energia. Il commento di Massimo Medugno
Tra pochi giorni si aprirà il summit di Anversa. Come ricorderete lo scorso anno, il 26 febbraio 2024, si era tenuto ad Anversa un vertice dell’industria europea, promossa da Cefic (confederazione europea dell’industria chimica), che aveva prodotto l’Antwerp Declaration ed aveva riproposto alle istituzioni europee con urgenza il tema della competitività e dell’industria, anticipando il dibattito attuale. L’iniziativa si ripeterà quest’anno, nella stessa data e le aziende e le associazioni potranno sottoscrivere la Dichiarazione. Confermata la partecipazione di Ursula Von der Leyen dopo aver annunciato il Clean Industrial Deal.
Cosa è accaduto dopo il 26 febbraio 2024? Nel settembre 2024 la Commissione Ue ha pubblicato il rapporto The future of European Competitiveness, cioè il Rapporto Draghi, che esamina le sfide affrontate dall’industria e dalle aziende, indicando tre aree di azione per perseguire maggiore produttività a crescita economica dell’area:
1. L’Europa deve riorientare profondamente i suoi sforzi collettivi per colmare il divario di innovazione con Stati Uniti e Cina, soprattutto nelle tecnologie avanzate.
2. Mettere a punto un piano congiunto per la decarbonizzazione e la competitività.
3. Mirare all’aumento della sicurezza e alla riduzione delle dipendenze.
Particolare attenzione viene rivolta nel rapporto ai temi dell’energia: l’Europa ha costi dell’energia 2-3 volte superiori a quelli Usa, per il gas il divario è di 4-5 volte. In questo ambito, particolare risalto è dato alle industrie ad alta intensità energetica (cap. 4), “parte vitale dell’economia europea, che svolgono un ruolo fondamentale nel ridurre le dipendenze strategiche dell’Ue: Le EII (Energy-Intensive Industries) contribuiscono direttamente e indirettamente, attraverso attività a valle, a una quota importante dell’economia, dell’occupazione e dell’innovazione dell’Ue”. L’analisi del rapporto in questo ambito riguarda i quattro settori a più alta intensità energetica (a livello di classificazione Nace a due cifre): prodotti chimici, metalli di base, minerali non metallici, cellulosa, carta e stampa”.
La comunicazione A Competitiveness Compass for the Eu presentata lo scorso 29 gennaio individua i 4 pilastri nella semplificazione amministrativa, nel sostegno all’innovazione, nella riduzione dei costi dell’energia e nell’ unione dei mercati dei capitali. Quindi ancora l’energia. Nel Compass (o nella Bussola) non possiamo trovare la soluzione agli urgenti temi di questi giorni. Si fa riferimento, infatti, ad un Affordable Energy Action Plan e che il tema è la “dipendenza dai fossili” e che essa può essere risolta con le fonti rinnovabili. Si scrive di industrie energy intensive vulnerabili, come acciaio e chimica, ma poi si fa riferimento alla neutralità tecnologica solo nell’ambito della mobilità.
Si scrive, poi, che dovranno essere sviluppati incentivi in campo Ets nella revisione del 2026. Nessun cenno, invece, alla necessità di evitare che nel mercato delle quote gli operatori non industriali, non vengano più ammessi in quanto estranei al contesto e facilitatori solo di speculazioni finanziarie.
Un po’ poco, con un gas che veleggia in questi giorni intorno ai 55 euro. Nessun riferimento al mercato del gas e ad un Ttf che appare, ormai, del tutto inadeguato con il cambio di flusso (ora prevalente da Sud e Gnl).
Dal 2024 non appare più accettabile pagare il costo logistico per l’ingresso da Nord a tutto il gas che entra da Sud e dal Gnl. Per affrontare il caro gas, occorre finalmente, dare attuazione alla Gas Release così come approvato dal Dl Ambiente nello scorso dicembre, modificando norme giù in vigore dal 2022. Si tratta di un’allocazione a prezzi equi alle industrie energivore italiane, sul modello di quanto accaduto in Francia con l’Arenh che riguarda l’energia nucleare ceduta alle imprese francesi (L’Energie di Droit, numero 80). E, poi, decarbonizzazione competitiva.
Senza energia elettrica verde a basso costo è impensabile che le produzioni di beni ad alta intensità energetica (e, spesso, così importanti per l’economia circolare, come la carta) possano essere decarbonizzati. Purtroppo, gli alti costi energetici distraggono importanti risorse economiche delle imprese del settore cartario da investimenti nel processo produttivo e in decarbonizzazione. Solo l’economicità e la sostenibilità in forma congiunta delle energie verdi possono infatti spingere verso la decarbonizzazione: il confronto infatti rimane con altre economie europee e non solo che hanno accesso a prezzi dell’energia più bassi e, se guardiamo fuori dell’Europa, a sistemi che non hanno stringenti vincoli ambientali e di sostenibilità.
L’Energy Release in corso è una buona opportunità per decarbonizzare. Per il settore cartario resta però il forte limite di poter utilizzare più energia elettrica a causa anche dai limiti infrastrutturali delle reti di distruzione dell’energia elettrica che non riescono ad essere sviluppate per situazioni di evidenti congestioni. La soluzione quindi più percorribile per il settore cartario potrebbe quindi essere quella di sostituire il gas naturale con gas verdi. Purtroppo oggi questi gas sono molto scarsi e contesi da tutti i comparti (industriale, terziario, civile e trasporti) con la conseguenza che l’accesso è difficile.
La decarbonizzazione dei settori energivori come quello cartario passa dalla sostituzione dei vettori ad emissioni a vettori a zero o basse emissioni ma questi devono avere un costo concorrenziale altrimenti la competitività sui mercati a valle non si riesce a mantenere e si perderebbero pezzi importanti della nostra economica con forti capacità di riciclo e circolarità. In questo senso la logica della Energy Release possa essere replicata anche per una gas release di gas verdi riservata ai settori energivori. In attesa dell’attuazione dell’essenziale Bussola europea.