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Per l’Europa è il momento di reagire. L’opinione di Elisabetta Trenta

Non possiamo che dire “Io sono l’Ucraina”, “Io sono l’Europa” e, subito dopo, trovare un modo per esserlo veramente. L’analisi di Elisabetta Trenta, esperta di difesa e sicurezza e già ministro della Difesa

È passato poco più di un mese dall’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti e sembra che sia passato un uragano su un tavolo piano di carte e le abbia già rimescolate tutte. Mi è venuta spesso in mente quella scena di Tutti a casa, film di Alberto Sordi, quando all’improvviso i tedeschi cominciano a sparare sugli italiani e un maresciallo stupito chiama il comandante e chiede “Ma cosa è successo? I tedeschi si sono alleati con gli americani?”.

La storia a volte cambia molto velocemente ed altrettanto velocemente dovremmo essere in grado di comprenderla e di rispondere, anche quando ciò che vediamo ci sembra quasi impossibile da credere. È il mondo della complessità nel quale siamo immersi, ma al quale non ci siamo ancora abituati e che non sappiamo affrontare.

Il presidente Trump, dopo aver scioccato il mondo con la proposta di acquisto della Groenlandia, aver suggerito l’annessione di Canada e Panama, aver mostrato al mondo in un video (irrispettoso della morte di tanti palestinesi) come sarebbe Gaza se passasse in mano a lui, e aver chiesto al presidente ucraino Volodymyr Zelensky di ripagare l’impegno americano con le terre rare, insieme al vicepresidente JD Vance, ha bullizzato lo stesso presidente ucraino, praticamente in mondovisione, con una violenza verbale che straccia in mille pezzi ogni briciolo di diplomazia. Oggi possiamo tutti essere ben coscienti di chi abbiamo davanti e dei rischi che corriamo e dobbiamo adeguarci immediatamente.
Ha accusato l’Europa di essere nata per fregare gli Stati Uniti. Anzi, ha detto “The European Union was formed to screw the United States”; ha usato proprio il verbo to screw, cioè fottere, e, poi, ha aggiunto, che imporrà dazi del 25% sulle merci europee.

Vorrei dire che tutto questo è una manna dal cielo per l’Europa e che è venuto il momento di reagire, partendo dalle radici europee, per fare quello che avremmo dovuto già fare ma che ora è diventato improcrastinabile. L’Unione europea deve trovare la sua strada verso un’unione geopolitica. O adesso, o mai più.
Lo dico da tempo: un’Europa unita sarebbe come il peso che si sposta sulla bilancia a un braccio solo, il “romano”, si chiama così, che muovendosi, potrebbe portare al mondo, posto sul piatto della bilancia, quell’equilibrio che manca. È nei momenti difficili che si trovano le soluzioni ed ogni crisi è un’opportunità. E dando seguito a questo ragionamento, rispetto al vergognoso scontro tra un ricco e potente tycoon e un piccolo presidente in guerra da tre anni, non possiamo che dire “Io sono l’Ucraina”, “Io sono l’Europa” e, subito dopo, trovare un modo per esserlo veramente.

Cosa significhi esserlo veramente mi piace identificarlo nella dichiarazione Schuman, rilasciata dal ministro degli Esteri francese Robert Schuman il 9 maggio 1950, quando proponeva la creazione di una Comunità europea del carbone e dell’acciaio e ricordo tre frasi che devono e possono ancora guidarci: “La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano”; “L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”; “La fusione delle produzioni di carbone e di acciaio… cambierà il destino di queste regioni che per lungo tempo si sono dedicate alla fabbricazione di strumenti bellici di cui più costantemente sono state le vittime”.

L’Europa contribuisca a trovare soluzioni di pace, che possono anche non nascere da soluzioni militari. La pace è necessaria, non è una resa, ma è un guardare al futuro. La guerra, invece, paralizza il futuro. La pace può nascere da un compromesso. Costruiamo oggi una pace possibile per poi costruire, nel tempo, la pace giusta.

L’Europa torni a essere tale per i popoli, e non trovi l’unione solo in una scellerata corsa agli armamenti, ma sappia realizzare quella solidarietà di fatto, rimettendo al primo posto della propria politica la persona umana. In questo quadro oggi dobbiamo seriamente considerare la possibilità che Trump decida di lasciare la Nato. L’Europa deve essere pronta.

Come farlo in poco tempo? Non esiste ancora una vera struttura di difesa Europea e né tantomeno un esercito (impossibile senza prima avere una politica estera europea). Però esiste una struttura Nato. L’Europa può cominciare a collaborare più indipendentemente all’interno di quella, dove si trovano già le regole e gli elementi organizzativi e, per quanto riguarda gli armamenti, se è vero che senza l’ombrello statunitense non siamo in grado di affrontare da soli i rischi di eventuali conflitti, è altrettanto vero che quando saremo in grado di razionalizzare la spesa attuale in termini di armamenti, coordinando i programmi su base europea, non servirà arrivare alle percentuali di spesa militare di cui si parla oggi. Nel 2024 la spesa europea, infatti, risultava eccedere quella russa del 58% (56% considerando solo l’Unione europea e altri membri Nato in Europa e 19% considerando la sola Unione europea). Questo significa che non è necessario un fortissimo aumento della spesa militare in Europa, tranne che per i Paesi, come il nostro, al di sotto del 2% del prodotto interno.

Giorgia Meloni, nostro presidente del consiglio, smetta di surfare tra Trump ed Europa. Costruiamo l’Europa cercando di coinvolgere gli Stati Uniti ma non dando più per scontata la loro presenza. È giunta l’ora della maturità.


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