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Altro caso di abuso della Red Notice. Questa volta riguarda un russo

Un manager russo, arrestato su richiesta della Federazione Russa, è stato scarcerato dalle autorità italiane. Il caso conferma il rischio di abuso della Red Notice e le criticità del sistema di cooperazione internazionale. L’avvocato Di Fiorino: “Perché arrestare qualcuno, se già sappiamo che il ministero della Giustizia chiederà ai giudici di rilasciarlo?”

Imprenditori e manager stranieri arrestati, alla prima notte di soggiorno in Italia, dalle autorità nazionali per la presenza di una Red Notice dell’Interpol, che ha la funzione di consentire proprio l’individuazione e l’arresto provvisorio di una persona ricercata da un determinato Paese, in vista di una richiesta di estradizione. Si tratta di uno schema oramai ricorrente. E noto, grazie anche al faro acceso da Formiche ormai da anni.

In questo caso, si trattava di un economista e uomo d’affari russo, legato alla vicenda della banca Promsvyazbank, tra i più grandi istituti di credito russi. Già i fondatori della banca, i fratelli Dmitry Ananyev e Alexei Ananyev, erano stati indagati e arrestati, con l’istituto di credito che veniva dapprima posto sotto amministrazione controllata da parte della Banca centrale russa e poi nazionalizzato. Nel 2020 l’Interpol aveva rimosso dal proprio database la Red Notice contro i due proprietari, avendo accertato che l’indagine penale russa nei loro confronti era politically motivated.

Il manager invece, dopo essere stato incarcerato in Russia, aveva chiesto e ottenuto lo status di rifugiato nel Regno Unito, dove era stato ritenuto fondato il rischio di persecuzione da parte del Paese d’origine. Giunto in Italia per turismo, l’uomo è stato arrestato e condotto in carcere. Il legale del cittadino russo, Enrico Di Fiorino, ha chiesto e ottenuto la liberazione del suo assistito, evidenziando come, anche a seguito dell’invasione militare dell’Ucraina e dell’espulsione dal Consiglio d’Europa, in Russia le violazioni dei diritti umani rappresentino oggi una situazione diffusa e non episodica, di carattere sistemico o comunque generalizzato.

Il legale, esperto di estradizione e diritto penale internazionale, ritiene che il caso confermi il rischio, a cui l’Italia è esposta, di un utilizzo distorto dello strumento della Red Notice: “A livello nazionale l’esistenza di una Red Notice comporta di fatto l’automatico arresto del soggetto interessato, effettuato ai sensi dell’art. 716 del Codice di procedura penale; la giurisprudenza conferma che la mera esistenza della Red Notice legittimerebbe la custodia cautelare, in attesa di una richiesta formale di estradizione. Questo automatismo rende peculiare (e censurabile) il nostro sistema rispetto alle modalità di cooperazione offerte da altri Paesi. Non è un caso, per esempio, che il mio assistito mai fosse stato sottoposto ad arresto in ogni altro Paese occidentale in cui negli ultimi anni ha viaggiato”, aggiunge.

Nel caso delle Red Notice presenti sul database dell’Interpol su richiesta della Federazione Russa, questa forma di automatismo presenterebbe peraltro delle criticità ancora maggiori. Negli ultimi anni, infatti, diverse Corti di Appello italiane – competenti sulle richieste di estradizione provenienti da Paesi esteri – hanno già rigettato le istanze provenienti dalla Federazione Russa sulla base delle indicazioni fornite dal ministero della Giustizia. Il riferimento corre, in particolare, a una nota redatta dalla Direzione generale degli Affari internazionali e della cooperazione giudiziaria, con cui – anticipando che “non potranno essere assunte decisioni favorevoli all’estradizione verso la Federazione Russa” – si richiede la revoca di ogni misura cautela cautelare disposta a scopo di estradizione.

“Alla luce della posizione, del tutto condivisibile, assunta dal ministero della Giustizia, appare con tutta evidenza non ragionevole la possibilità che un cittadino possa essere privato della libertà personale, sulla base di un meccanismo automatico, quando poi – talvolta a distanza di mesi – arriverà l’indicazione di revoca di ogni misura cautelare disposta”, commenta Di Fiorino. “Perché arrestare qualcuno, se già sappiamo che il ministero della Giustizia chiederà ai giudici di rilasciarlo?”, si chiede.

Il 16 gennaio scorso l’avvocato ha inviato una lettera al ministero dell’Interno e al Capo della Polizia per segnalare questa “grave criticità operativa”, spiega. Essa pone due “serissimi temi”, continua: “Da una parte, la palese lesione dei diritti fondamentali della persona, lesi in ragione di un evidente mancato coordinamento tra autorità del medesimo Stato; dall’altra, il concreto rischio che a fronte di tali detenzioni ingiuste il soggetto detenuto intenda promuovere – con pressoché certa possibilità di successo – una richiesta di riparazione per ingiusta detenzione”.


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