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Sostenibilità, perché servono le aziende per generare un impatto positivo

Di Carolina Nizza

Con le aziende chiamate a ripensare il loro ruolo nella società, la sostenibilità rappresenta un elemento fondamentale di trasformazione per creare impatto: integrando la sostenibilità nel proprio modo di essere, le aziende possono diventare catalizzatori di cambiamento positivo, generando valore collettivo condiviso

Viviamo in un paradigma globale in cui si intrecciano sfide senza precedenti. Da quelle ambientali, come il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, e l’esaurimento delle risorse naturali, a quelle sociali, come diseguaglianze, ingiustizie ed inequità, stiamo affrontando un momento “prometeico”, in cui la logica sequenziale è sostituita da una logica esponenziale, ben più accelerata, i cui tempi sono dettati dalle rivoluzioni tecnologiche e di intelligenza artificiale, che rendono sempre più urgente trovare soluzioni concrete con rapidità.

Le aziende, storicamente traghettatrici di cambiamento – pensiamo solo alla rivoluzione industriale – sono oggi nuovamente chiamate a svolgere un ruolo guida, in questo caso nella costruzione di un futuro sostenibile, basato su un concetto di progresso che pone al centro la salvaguardia ambientale ma anche l’equità, l’inclusione e la dignità umana. Un sistema in cui la ricerca di soluzioni alle problematiche sociali e ambientali è parte integrante e presupposto di crescita economica, per evolvere da logica di profitto a logica di impatto.

Sono proprio le aziende, luoghi di aggregazione per eccellenza da cui deriva anche il loro nome inglese company, dal latino cum paniscolui con cui si condivide il pane, che possono essere attori chiave nel guidare una “transizione giusta”, un processo che implica la trasformazione dei modelli economici e industriali verso pratiche più sostenibili “che non lascino indietro nessuno”. Beneficiando, secondo i risultati dell’Edelman Trust Barometer, del più alto coefficiente di fiducia da parte dell’opinione pubblica (anche a scapito di governi e Ong), possono, di fatto, rivendicare il ruolo di “tribù moderne”, organizzazioni il cui obiettivo è proprio quello di prendersi cura di chi ne fa parte. Più resilienti, più inclusive, e con un impegno a lungo termine per una visione strategica che vada oltre il profitto immediato, puntando a creare valore condiviso per tutti gli stakeholder.

Ad accompagnare questa accountability aziendale è l’evoluzione del concetto di sostenibilità al suo interno. Da un’idea di Corporate social responsibility (Csr) filantropica, si è trasformata in modello integrato di criteri misurabili Esg (Environment, Social & Governance), fino a rappresentare oggi un orientamento centrale e trasformativo delle strategie aziendali, driver di innovazione e crescita rigenerativa che, come citava la Professoressa Rebecca Henderson nel libro “Nel mondo che brucia”, rappresenta non solo un dovere verso il pianeta, ma anche un vantaggio competitivo per sostenere la profittabilità nel tempo.

Perché seppure la transizione inevitabilmente implicherà dei rischi (l’Oil stima la perdita di circa 6 milioni di posti di lavoro solo nell’industria dei combustibili fossili entro il 2030) gli impatti derivanti dai cambiamenti climatici potrebbero costarci il 10% del valore economico totale entro il 2050 (WEF, 2022). Mentre, una transizione giusta, offre l’opportunità di creare più di 85 milioni di nuovi posti di lavoro verdi già entro il 2050 (IRENA, 2021), e sviluppare nuovi mercati.

Per riuscire nella trasformazione, è importante che le aziende agiscano su tre livelli. Innanzitutto, creando impatto per le proprie persone, rendendole partecipi e permettendole di esprimere il proprio valore. Il purpose, collettivo e individuale, è un motore fondamentale per generare engagement e wellbeing, che si traduce anche in maggiore produttività: secondo Forbes, dipendenti felici sono fino al 20% più produttivi. Poi per le comunità in cui operano: riconoscere il proprio ruolo di attori sociali presuppone impegno a livello locale, ascoltando le esigenze e creando spazi di dialogo per costruire fiducia reciproca.

Tra queste “comunità”, per le aziende consumer, vi sono anche le persone che gli orbitano attorno, ovvero i consumatori finali, a cui occorre garantire che attraverso le loro scelte e abitudini contribuiscono a generare impatto positivo. Infine, occorre creare impatto più ampio coinvolgendo le catene di fornitura. Se secondo il WEF, otto supply chains in industrie chiave contano per il 50% delle emissioni globali, è importante lavorare insieme a loro per accompagnarle nei processi di transizione e garantire che non ne risultino “perdenti”.

Esistono poi due ulteriori dimensioni a cui è fondamentale applicare le lenti della sostenibilità. La prima è quella dell’innovazione. L’innovazione sostenibile non riguarda solo lo sviluppo di nuovi prodotti, ad esempio per efficientare i nostri consumi, ma può anche aprire nuove frontiere per integrare la sostenibilità profondamente nei modelli di business, facendone motore di crescita e scopo. Infatti, la sostenibilità non sfida solo le aziende a ridurre i danni, le spinge a pensare a spazi e mercati che generino nuovo valore, diventando un motore di problem-solving creativo. Infine, la dimensione finanziaria.

Nonostante il ruolo che giocheranno le aziende, è altrettanto necessario liberare capitale da investire nell’accompagnamento della loro trasformazione. Ciò richiede collaborazione tra istituzioni finanziarie pubbliche e private per costituire progetti efficaci e incoraggiare le imprese ad allineare i propri obiettivi finanziari con risultati positivi a lungo termine, favorendo l’innovazione e la ricerca di soluzioni che beneficino le persone e il pianeta.


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