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Letta, tutte le incognite di una nuova maggioranza

Tre giorni per salvare l’esecutivo. E’ Maurizio Lupi, ministro dimissionario ma dissidente del Pdl, a ricordare il tempo che separa dal momento della verità. Mercoledì Enrico Letta chiederà la fiducia in Parlamento e saranno solo i numeri a contare. Soprattutto uno: quota 161, la quota di senatori che serve al premier per andare avanti.

Letta fa sapere di non volere fare il “re travicello” di un fragile “governicchio”. Ma, dopo lo sgarro di Berlusconi, non si dimette, anzi rilancia presentando a Camera e Senato un progetto ambizioso che dura fino al 2015. Scommettendo sul “momento di svolta” che sta avvenendo nel Pdl. “Se il centrodestra si sviluppasse verso un centrodestra europeo, moderato, nei toni e nei contenuti sarebbe importante per l’Italia e la partita politica dei prossimi giorni è legata a questo”, ha detto ieri a Che tempo che fa.

Un nuovo rassemblement moderato all’orizzonte
Potrebbe essere il “gesto folle” di Silvio Berlusconi ad aver determinato involontariamente l’accelerazione verso quel rassemblement moderato da tempo in cantiere. Magari sotto l’egida del Ppe come chiede da tempo l’Udc. A cui si aggiunge qualche montiano come Giuliano Cazzola che su Formiche.net rivolge un appello ai “liberi e forti del Pdl” per trovare “quel coraggio che non ebbero nel dicembre scorso quando il convegno delle fondazioni raccolte sotto il nome di Italia Popolare si risolse in una resa a Silvio Berlusconi”.

I confini estremi della nuova maggioranza
Ma che confini dovrà avere questo nuovo polo? C’è chi come Pietro Ichino di Scelta Civica arriva a ipotizzare il coinvolgimento della “parte maggiore del Pd” e anche di “qualcuno dei parlamentari del M5S” da contrapporre a un “un polo populista composito, costituito dai Brunetta, dai Gasparri, dai Bossi, dai Maroni, dai Grillo e dalla parte della vecchia sinistra che rimpiange l’epoca in cui potevamo svalutare la nostra lira a piacimento”. Insomma una maggioranza che vada dal Pdl al M5S e che appare comunque, ammesso che ci sia, molto fragile. Tanto più che Sel, disponibile a votare la fiducia a Letta come ha fatto sapere Nichi Vendola, non è gradita a Mario Monti.

Le incognite nel Pd
E poi tutto passa dall’incognita Berlusconi. I “ribelli” azzurri avranno il coraggio di andare fino in fondo e “tradire” il diktat del loro leader, giurando fedeltà a Letta? Una fedeltà che non è sicura neanche dal Partito Democratico. Guglielmo Epifani ha fatto sapere che il suo partito è pronto al voto. Matteo Renzi punterebbe alle elezioni a marzo, subito dopo aver conquistato il Pd con le primarie previste per l’8 dicembre. È un renziano come Paolo Gentiloni a spiegare oggi in un’intervista alla Stampa che “un accanimento terapeutico non produrrebbe benefici e che la legislatura non va avanti con cinque voti di margine”.



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