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Renzi tace su Letta. Giachetti no

Low profile. All’indomani del folle week-end berlusconiano che ha affossato le larghe intese, Matteo Renzi sceglie la linea del silenzio. Nonostante sulla carta questa situazione agevoli il ritorno alle urne e di conseguenza il momento della verità per la sua leadership, il sindaco di Firenze preferisce non commentare e affida ai social network il suo pensiero: “Non partecipo al festival della dichiarazione. Vediamo cosa deciderà il Parlamento e poi commenteremo. All’Italia servono fatti, non parole”, cinguetta su Twitter. E su Facebook aggiunge: “Nel frattempo l’unico modo per restituire un po’ di dignità alla politica è fare bene il proprio mestiere. Oggi sono intervenuto in Consiglio Comunale sui risultati amministrativi del mondiale di ciclismo (rastrelliere, strade asfaltate, piste ciclabili, spazi culturali riaperti) e stamattina ho inaugurato l’asilo nido al Palazzo di Giustizia (liste d’attesa diminuite del 90% in quattro anni). La politica deve parlare meno e fare di più”.

Insomma, mentre gli italiani sono sempre più disgustati da ciò che sta accadendo, come rivela il sondaggio di Lorien Consulting per Italia Oggi, il rottamatore punta sulla sua immagine di buon amministratore locale e si concentra “sui fatti” della sua Firenze. Anzi, scherzando in consiglio comunale arriva a dire: “Il sindaco ho voglia di rifarlo io”.

In realtà il suo destino e la sua ambizione gli hanno riservato un destino diverso che potrebbe portarlo presto a scontrarsi con Enrico Letta. Il rischio di nuove elezioni potrebbe anticipare primarie di premiership e allontanare la data del Congresso, come ha ipotizzato oggi Massimo D’Alema a Tgcom24.

E se anche tra i renziani non c’è una grande voglia di parlare, c’è una sonora eccezione che conferma la regola. È il vicepresidente della Camera Roberto Giachetti, tirato in causa nella diatriba sulla legge elettorale scoppiata tra Letta e Beppe Grillo. Il promotore della mozione per il ritorno al Mattarellum di maggio scorso dedica un post all’argomento sul suo blog, dando di fatto ragione a Grillo (che ovviamente ha rilanciato su Twitter la sua tesi). Furono Enrico Letta e i vertici del Partito Democratico a stoppare nel maggio scorso la mozione, non il M5S, chiarisce Giachetti che fa notare al premier anche un’altra contraddizione: “A sentire il Presidente del Consiglio sembrerebbe che al Senato sia imminente l’approvazione di un testo di riforma della legge elettorale su cui vi sarebbe una sorta di largo accordo. Temo che abbia informazioni sbagliate. A due mesi dallo scippo del dibattito da parte del Senato stiamo ancora in alto mare”.



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