La Germania si trova in una fase cruciale: l’economia ristagna, ma si prepara un massiccio piano di investimenti pubblici, con al centro difesa e infrastrutture, reso possibile dalla nuova flessibilità Ue e dal superamento del freno al debito. Berlino punta così a riacquisire centralità in Europa, superando la tradizionale prudenza fiscale e cogliendo l’occasione di un contesto strategico in rapido mutamento
Nel giorno del voto al Bundestag sul prossimo governo guidato da Friedrich Merz, le ultime previsioni sull’economia tedesca presentate dal ministro uscente dell’Economia e del clima Robert Habeck segnalano stagnazione nel 2025 e l’azzeramento della modesta crescita del Pil prevista originariamente allo 0,3% dopo due anni di recessione. La Germania soffre per la questione dazi essendo la sua economia impostata sull’export anch’esso in calo, ed è molto integrata nelle catene di approvvigionamento globali.
Nel Paese ci si interroga se la debolezza dell’economia potrà avere impatti sul piano di investimenti per infrastrutture e difesa del cancelliere Merz per un trilione di euro nell’arco di un decennio, piano che ribalta la tradizionale e rigida dottrina del vincolo sul debito. Dopo un acceso dibattito interno circa le modalità di investire rimanendo entro i limiti del Patto di stabilità e resilienza, è stata privilegiata la spesa pubblica con un massiccio piano di investimenti, in primis infrastrutture e difesa, istituiti a seguito della decisione del Bundestag di superare la clausola costituzionale del “debt brake”. In pratica la spesa per la difesa che eccede l’1% del Pil nominale viene esentata dal calcolo. Si dà carta bianca all’aumento della spesa pur se con qualche cautela. Oggi l’1% del Pil equivale a 44 miliardi, mentre la dimensione della sicurezza globale, (bilancio federale difesa, fondo speciale, interni, cyber-security e intelligence) vale oggi 78 miliardi pari all’ 1,8% del Pil. La parte eccedente il “debt brake” dell’1% rappresenta il nuovo margine di spesa, oggi superato con la flessibilità Ue all’1,5% del Pil.
Con il piano decennale di investimenti, Merz intende riassumere quel ruolo politico ed economico che era prevalso in Europa, riposizionandosi con un ruolo centrale e influente anche nella difesa e nella nuova flessibilità di bilancio, a discapito della Francia. È un investimento significativo e impegnativo, in controtendenza rispetto ai disinvestimenti degli anni passati cha hanno causato molte criticità nella postura di difesa di Berlino, è in continuità con la tendenza di crescita del fondo speciale Sondervermögen da cento miliardi in esaurimento.
Comunque si osserva che l’aumento degli stanziamenti non è automatico, dipende da fattori politici ed economici, dalla cautela volta a non effettuare incrementi “a passo da giganti” degli investimenti, dall’allineamento della crescita totale degli investimenti e degli assetti speciali, in linea con le necessità della Bundeswehr e della capacità dell’industria a consegnare.
In sintesi, con il debito “libero” consentito dalla nuova flessibilità di bilancio si aggiungono nuovi investimenti, unitamente al ruolo del “pacchetto difesa” Ue che prevede nuove iniziative. Insieme all’Edip e al Libro bianco appaiono di rilievo le misure finanziarie previste dai Regolamenti in negoziazione, che prevedono sia 150 miliardi in prestiti per acquisti in comune con lo strumento Safe (Security action for Europe), sia il già citato spazio fiscale (con la “national escape clause” che allenta la disciplina di bilancio) proposto nel piano Prontezza 2030 da Ursula von der Leyen, che mobiliterebbe fino a 650 miliardi di euro.
Il 1° maggio il Consiglio europeo ha comunicato l’attivazione coordinata della “national escape clause” da parte di 16 Paesi. La somma dei rispettivi bilanci difesa 2024 (dati Nato) è di 150 miliardi di euro, circa il 2% del Pil, la metà del totale Ue. Si potrebbero quindi mobilitare un centinaio di miliardi aggiuntivi. La Germania ne sarà la grande favorita in quanto, senza in-frangere i vincoli di bilancio europei, si consente un considerevole incremento che porterebbe a uno stanziamento di oltre il 3% del Pil per la Bundeswehr.