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I giorni del Conclave e la Chiesa “mattered”. L’opinione di Chiapello

Di Giancarlo Chiapello

Bisognerebbe ragionare, una volta per tutte, non solo sull’aumento dei cattolici nel mondo e le diverse sensibilità e capacità di suscitare vocazioni, ma sui segnali di speranza che giungono anche dalla vecchia Europa, il cui ruolo i pontefici hanno sempre incitato ad assumere e riconoscere. Il commento di Giancarlo Chiapello

A distanza di giorni dalla nascita al cielo di Papa Francesco e superati i profluvi di scritti, interviste, dirette e quant’altro unitamente alle reciproche accuse tra conservatori e progressisti sul rispettivo grado di ipocrisia e alla polemica sui 5 giorni di lutto che toccavano la Festa della Liberazione del 25 aprile, forse si può iniziare a cercare una riflessione pacata, anche su queste questioni più urlate, in prossimità del Conclave.

L’ultima, quella sulla Resistenza e sull’antifascismo è facile da chiudere, se mai fosse possibile farlo costringendo la comunicazione politica ad un salto di qualità, facendo riferimento al pensiero di don Luigi Sturzo che richiama alla necessità di posizioni democratiche che non possono che essere integrali, dunque anti-totalitarie, contrarie agli opposti estremismi e a difesa della libertà anche rispetto a chi non fa corrispondere l’antitesi all’accettazione del metodo democratico: “dalla confluenza dei due sistemi, il democratico-radicale e il socialista-rivoluzionario, sorse la concezione dello stato totalitario sotto l’insegna del “fascismo” e del “nazismo” e ancora “si dice: l’orientamento del paese è verso i due opposti: comunismo e anticomunismo. Se fosse così dovremmo disperare dell’avvenire del Paese. L’anti-X o anti-qualsiasi cosa, è una posizione negativa e non costruttiva. Anche l’antifascismo, preso come tale, non poteva essere conclusivo e operativo tranne come protesta o simbolo di libertà contro la tirannia. Ma purtroppo aveva tra le sue pieghe delle tirannie che si ammantavano di libertà”.

Ecco che, così, è possibile riandare ad un monito importante espresso dal Pontefice che resta una lezione politica, in particolare per i cattolici che dovrebbero superare la frattura tra quelli della morale e quelli del sociale di fatto non evangelica e indubbiamente di interesse di destra e sinistra, l’una cristianista, l’altra cattolicista, a mantenerla per conservare l’irrilevanza dei cattolici stessi (cfr. un bel libro del giornalista Beppe del Colle, Cattolici dal potere al silenzio), anche per chiudere la Chiesa stessa in una mera interpretazione politicista, schiacciata tutta a terra, divisa in ridotti e sedicenti popoli dell’uno o dell’altro, secondo rispettive, ideologiche, interpretazioni: infatti ebbe a dire di “fuggire dall’inimicizia sociale che distrugge soltanto e uscire dalla ‘polarizzazione’. E questo non è sempre facile, soprattutto oggi, quando una parte della politica, della società e dei media si impegna a cercare nemici per sconfiggerli in un gioco di potere … (il dialogo) è il cammino per guardare la realtà in modo nuovo, per vivere con passione le sfide nella costruzione del bene comune”.

Questa indicazione letta insieme al messaggio al gruppo europarlamentare del Ppe del 2023, in cui indicava ai credenti l’unità intorno ai principi fondamentali della Dottrina Sociale della Chiesa, rimane, pur inascoltata, quasi nascosta dalle rispettive tifoserie di cui sopra (si potrebbe discutere quanto abbiano di meramente moralistico o formalistico), una preziosa rotta tracciata che si collega alla richiesta di una nuova generazione di politici cattolici che fece al Santuario di Bonaria, a Cagliari, Benedetto XVI. Serve, ricordare la non scontata citazione di Papa Francesco, nel suo intervento conclusivo al Congresso del Ppe di Siviglia finito qualche giorno, da parte del riconfermato presidente Manfred Weber, che rappresenterebbe un segnale di fedeltà all’identità democristiana e di disponibilità per una Europa più politica e democratica che torna alle sue radici e al suo umanesimo e meno tecnocratica o spaventata.

La seconda grande eredità per i laici impegnati in politica è, collegata strettamente alla precedente, legame di cui occorre tornare a rendersi conto, la linea di continuità della geopolitica vaticana che è visibile, pur nelle diverse sensibilità, contingenze e declinazioni, guardando ai Pontefici del novecento e di questi primi decenni del duemila: in questo caso, riconosciuta la primaria e imprescindibile cura del depositum Fidei, si potrebbero rileggere, tra gli altri, i radiomessaggi di Pio XII per scorgere le indicazioni su democrazia e mondo dopo la fine della guerra, la lezione del “Papa democristiano”, Paolo VI e la fondamentale indicazione della “Chiesa esperta di umanità”, il rapporto con l’est comunista di Giovanni Paolo II e scoprirne quella rilevanza universale che ha trovato nel pontificato bergogliano una tappa che l’ha mantenuta mattered, infatti il vaticanista statunitense John Allen ha scritto che “Papa Francesco non ha avuto paura di esercitare l’autorità morale della Chiesa Cattolica, che rimane una forza potente nella politica mondiale”.

Comprendere questa continuità e rilevanza è importante per ridare spazio e protagonismo politico ai cattolici, che in Italia, con i democristiani, seppero lavorare di concerto con la politica internazionale vaticana accompagnandosi e assumendo così importanza, originalità, capacità d’azione senza sudditanze e evitare idee che sembrano legate alla polarizzazione di cui sopra e tendenti ad una minimizzazione come quella espressa dal giornalista Maurizio Molinari su Rete 4, giorni or sono alla trasmissione condotta da Del Debbio, secondo il quale il Papa avrebbe trasformato il messaggio di Barack Obama in messaggio globale: così posta viene meno pure la centralità di Cristo!

Un’ultima notazione riguarda la Chiesa di per se, su cui il Collegio Cardinalizio sta discutendo prima dell’extra omnes e l’inizio del Conclave per l’elezione del Successore di Pietro: la rilevanza di cui sopra può continuare ad essere riconosciuta se si continuasse con la solita premessa, un po’ retrò, di un clima di crisi, Chiesa in crisi, come ad esempio fatto su Rai 1 da Andrea Riccardi sempre molto presente? Quindi tutto da cambiare e capovolgere rispetto alla struttura sacramentale della Chiesa? Non sarebbe più utile dare ascolto agli avvertimenti di Papa Francesco al cammino sinodale tedesco, contro particolarismi e tendenze ideologiche? Qui bisognerebbe ragionare non solo sull’aumento dei cattolici nel mondo e le diverse sensibilità e capacità di suscitare vocazioni, ma sui segnali di Speranza che giungono anche dalla vecchia Europa, il cui ruolo i Pontefici hanno sempre incitato ad assumere e riconoscere, con i cattolici decuplicati in Islanda, il superamento degli anglicani nel Regno Unito, gli enormi numeri di battesimi di adulti in Francia. La Cattolicità si è pressoché sovrapposta alla geografia mondiale, questa è una bella sfida…


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