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Stare fermi non è più un’opzione. La competitività europea secondo Mattarella

Pubblichiamo il discorso tenuto dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione del XVIII simposio Cotec Europa. “Dobbiamo lavorare insieme per un’Europa più competitiva, tecnologicamente avanzata e quindi più sicura, capace di ridurre le sue dipendenze strategiche ma senza pregiudicare la tela di fondo di un ordine internazionale fondato sul libero commercio”

Desidero anzitutto ringraziare il Presidente Rebelo de Sousa per averci accolto qui a Coimbra, nella splendida cornice del Convento di San Francesco. Rivolgo al Presidente un pensiero e un augurio particolari, a tributo della sua determinazione nel rappresentare i valori della democrazia e del dialogo tra Paesi, e per l’impegno infaticabile a favore del comune progetto di integrazione europea.

Sono altresì grato agli organizzatori del XVIII Simposio Cotec per l’invito rinnovato a dibattere su questioni di importanza fondamentale per l’Europa e per l’intera comunità internazionale, coinvolgendo in questo proficuo confronto una pluralità di voci autorevoli, sia dal settore pubblico, sia da quello privato.

In questi giorni il Simposio celebra il ventennale della sua prima edizione e, come ogni anno, il tema proposto – la competitività – compare in cima all’agenda dei governi europei e in quella delle istituzioni comunitarie. Progredire senza indugi e con efficacia in quest’ambito è largamente considerata condizione indispensabile all’approfondimento ulteriore del progetto d’integrazione continentale, al rilancio strategico dell’Unione Europea e alla preservazione di un’economia prospera per i suoi Stati Membri e per i suoi cittadini.

Oggi abbiamo avuto poc’anzi la possibilità di ascoltare spunti di grande rilevanza e grande interesse da parte di Mario Draghi, il cui rapporto sul futuro della competitività europea sta già contribuendo a orientare le politiche della Commissione europea per la nuova Europa degli anni a venire.

Un’Europa rinnovata, più competitiva, più resiliente, più presente nello scacchiere internazionale. È una sfida epocale per il nostro continente, tanto più urgente se raffrontata a recenti evoluzioni negli equilibri mondiali.

Il nostro Simposio ha quindi il merito di lanciare “Un appello all’azione” di grande attualità: è infatti urgente, direi prioritario, che l’Europa agisca, perché stare fermi non è più un’opzione.

Poc’anzi la romanza che abbiamo ascoltato, “Nessun dorma” potrebbe applicarsi alla nostra Unione.

I rischi dell’immobilismo sono ben identificati nel Rapporto Draghi come in quello Letta, sul futuro del mercato interno: le conseguenze ipotetiche per l’Europa, ad esempio in termini di arretramento nelle condizioni materiali di benessere diffuso o di un allontanamento irreversibile dalla frontiera tecnologica, ne accrescerebbero anche la vulnerabilità sui piani strategico e geopolitico, riducendone la capacità di contrastare le attuali perturbazioni, così allarmanti, dell’ordine internazionale. Scongiurare tali rischi è fondamentale. A questo fine – si osserva nei due rapporti – che occorre mettere in campo misure efficaci e allo stesso tempo ambiziose.

Ne cito una, che nella sua attualità e urgenza ben esemplifica le conseguenze dell’inazione e delle ingiustificate ritrosie a procedere lungo il cammino dell’integrazione. La Difesa comune europea. Gli Stati membri ne discutono da oltre settant’anni. Da quando a Parigi, nel maggio del 1952 venne firmato il Trattato che istituiva la Comunità Europea di Difesa. Questa esigenza veniva rilanciata, in forme diverse e meno ambiziose, tra il 1998 e il 2000.

Non è difficile immaginare quale sarebbe oggi la condizione dell’Unione, di fronte al mutato contesto geopolitico, se avessimo scelto a suo tempo di compiere quel salto di qualità politico nel processo di integrazione. Oggi siamo in ritardo, in rincorsa rispetto agli eventi e dobbiamo, di conseguenza, avvertirne l’urgenza.

Le iniziative avviate in materia dalla Commissione europea sono un primo fondamentale passo e testimoniano piena consapevolezza della posta in gioco. Rappresentano anche una dimostrazione di concretezza, volendo porre a fattor comune strumenti e vantaggi di scala propri di un ordinamento sovranazionale che già in passato ha dimostrato capacità di adattamento a diversi shock esogeni.

Questa capacità di adattamento al mondo intorno a noi è da sempre il motore dell’Unione Europea. Sarebbe miope guardare all’Unione come ad una costruzione nata “sottovuoto”: al contrario, fin dalle sue origini gli Stati membri hanno prestato attenzione ad adattare l’Unione a un’ambiente politico ed economico in continua evoluzione, con l’obiettivo di preservare uno spazio e un ruolo tra le forze in competizione nella economia globale.

Come preservare oggi questo spazio?

Anzitutto, è necessario rafforzare la capacità europea di crescere, di generare opportunità e benefici economici, creando le condizioni affinché ciascun cittadino possa accedervi secondo equità. Questo vuol dire lavorare, con unità d’intenti tra Stati Membri, per migliorare quelli che sono i nostri punti di forza, a cominciare dal Mercato Unico Europeo. Esso contribuisce già in maniera significativa al prodotto interno lordo dell’Unione, ponendola tra i principali attori dell’economia mondiale.

Nondimeno, sussistono sostanziali margini migliorativi. Il Rapporto Letta ha presentato proposte valide per estendere il mercato unico a settori che in passato ne sono stati esclusi. Tra questi: la finanza, l’energia, le telecomunicazioni. Ma anche – ed è questo un aspetto fondamentale – la ricerca, l’innovazione e l’istruzione, che nel rapporto sono parte di una “quinta libertà”, accanto alle quattro già esistenti: circolazione di merci, di servizi, di persone, di capitali.

Sin dalla sua nascita il Cotec si è imperniato sul tema dell’innovazione e dell’importanza della cooperazione per lo sviluppo di nuove tecnologie. Anche in quest’ambito l’Europa non può rischiare di restare al palo. Abbiamo innanzitutto bisogno di abbondante capitale umano, competente e adeguatamente formato. Occorre anche che esso trovi terreno fertile in ecosistemi di ricerca e innovazione di dimensione europea, che sappiano attrarre e trattenere talenti, grazie anche a nuovi investimenti in infrastrutture e programmi sperimentali comuni.

Il tema delle risorse rimane centrale quando si vuole definire una strategia industriale per il rilancio della competitività, soprattutto negli ambiti produttivi a più elevato valore aggiunto e contenuto tecnologico. E quando le sfide sono di dimensione europea, tocca all’Unione fornire gli strumenti adeguati.

Prendiamo in considerazione le principali tecnologie emergenti, architravi della nuova rivoluzione industriale: dalla robotica avanzata, all’intelligenza artificiale generativa, dai computer quantistici, alle sperimentazioni per la produzione di energia pulita, dalle biotecnologie all’aerospazio. Ebbene, per ciascuna di esse, la mole degli investimenti e la robustezza dei meccanismi necessari a impiantare e tutelare, anche in Europa, solide industrie nascenti sono tali da esigere cooperazioni su scala continentale.

L’Unione Europea è l’economia con la maggiore apertura al commercio internazionale. Partecipa in maniera estensiva e profonda alle catene globali del valore. È acclarato che queste caratteristiche abbiano assicurato ai cittadini europei grandi benefici. Ma, ci siamo resi conto, negli ultimi anni, anche dei rischi; oggi appaiono più chiare le dipendenze strategiche cui siamo esposti.

Ne è un caso emblematico la scarsità nell’Unione Europea di materie prime critiche, oggi fondamentali. Tale condizione rende più che mai necessaria una strategia che ponga al centro la sicurezza degli approvvigionamenti. Questo significa stringere accordi con partner affidabili per assicurare forniture stabili, rimanendo aperti alla cooperazione internazionale, purché sorretta da sufficienti garanzie di fiducia reciproca. La credibilità di questo vincolo fiduciario è essenziale. In questo difficile momento storico abbiamo il dovere di restituire fiducia ai mercati ed ai nostri partner, perché soltanto dalla collaborazione e dagli scambi può nascere benessere diffuso, sviluppo sostenibile e in ultima analisi pace e sicurezza.

Competitività e sicurezza – concetto quest’ultimo che assume oggi numerose dimensioni, dalla sicurezza economica alla sicurezza energetica, da quella cibernetica a quella più tradizionale – sono quindi intimamente connesse. Dobbiamo lavorare insieme per un’Europa più competitiva, tecnologicamente avanzata e quindi più sicura, capace di ridurre le sue dipendenze strategiche ma senza pregiudicare la tela di fondo di un ordine internazionale fondato sul libero commercio.

È una sfida impegnativa, eppure, senza sottovalutare la gravità della situazione, abbiamo il dovere – oltre che molte buone ragioni – di essere ottimisti, di restare ottimisti. L’Unione si erge su solide fondamenta: un’economia di mercato aperta alla concorrenza e agli scambi internazionali; un sistema di banche centrali indipendente; un quadro giuridico stabile e affidabile; una concezione di Stato di diritto saldamente ancorata a una convinta tradizione democratica; politiche di redistribuzione attive ispirate al principio di solidarietà. Occorre essere orgogliosi di questa “eccezionalità europea” e progredire su questi presupposti.

Confido che Portogallo, Spagna e Italia sapranno fornire l’impulso necessario per affrontare con successo queste grandi sfide del nostro tempo. È questa una responsabilità alla quale non possiamo sottrarci.


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