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Huawei non è un capitolo chiuso nella guerra tech Usa-Cina

Huawei non è un capitolo chiuso nella guerra tecnologica tra Stati Uniti e Cina. Dopo i colpi inferti dall’amministrazione Trump e il proseguimento delle restrizioni volute da Biden, il colosso di Shenzhen si è rimodellato. A Washington serve una strategia di lungo termine per contenere davvero l’ascesa tecnologica di Pechino

Huawei non è una questione del passato per gli Stati Uniti e i loro alleati. La prima amministrazione di Donald Trump ha inferto duri colpi al colosso cinese, in particolare sulle tecnologie 5G. Quella di Joe Biden ha continuato nella stessa direzione. Ma l’azienda di Shenzen si è trasformata ed è ancora centrale per le ambizioni tecnologie del partito-Stato cinese. È tornata anche più forte, entrando nel mercato delle automobili ma pure puntando su semiconduttori, sistemati operativi e mercati emergenti. Ieri ha presentato due nuovi personal computer basati sul suo sistema operativo HarmonyOS, un tentativo di spezzare il dominio di Windows e macOS nel settore.

Nello stesso giorno il governo cinese ha invitato quello americano a “correggere immediatamente le proprie irregolarità” e a interrompere le misure “discriminatorie” dopo”che Washington ha emanato le linee guida che intimano alle aziende di non usare i chip per computer avanzati provenienti dalla Cina, inclusi i microprocessori Ascend per l’intelligenza artificiale sviluppati da Huawei. L’azione statunitense “ha seriamente minato il consenso raggiunto nei colloqui bilaterali ad alto livello di Ginevra”, si legge in una dichiarazione del ministero del Commercio, che ha promessa “misure risolute” se gli Stati Uniti continueranno nella pratica di “danneggiare sostanzialmente” gli interessi della Cina.

Scrive Bloomberg: “Il notevole ritorno solleva interrogativi sull’efficacia o sull’adeguatezza degli sforzi degli Stati Uniti per contenere l’ascesa geopolitica della Cina e su quale delle due superpotenze arriverà a dominare in settori come la progettazione di semiconduttori e l’intelligenza artificiale”.

Secondo Craig Singleton, ex diplomatico statunitense che oggi guida il programma Cina del think tank Foundation for Defense of Democracies, gli Stati Uniti hanno bisogno di una strategia a lungo termine. Tre i suoi interrogativi: “Riusciamo a rimanere concentrati quando i titoli dei giornali si fanno meno forti? Siamo all’altezza della capacità di resistenza industriale di Pechino? E possiamo evitare di dichiarare la vittoria troppo presto, ancora una volta?”.


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