Il tribunale di Milano ha condannato l’oligarca russo di 54 anni per aver organizzato l’evasione del figlio del potente politico vicino al Cremlino mentre si trovava agli arresti domiciliari in attesa di estradizione negli Stati Uniti. L’uomo, in carcere dal giugno 2024, potrà richiedere la libertà condizionale tra meno di un mese
Il tribunale di Milano ha condannato a 3 anni e 2 mesi di reclusione Dmitry Chirakadze, l’oligarca di 54 anni ritenuto dalla Procura di Milano la mente organizzatrice di secondo livello (il primo era la “manovalanza” di cui si è servito per l’operazione) dietro l’evasione del russo Artem Uss il 22 marzo 2023 mentre era recluso ai domiciliari a Basiglio in attesa di estradizione verso gli Stati Uniti. La condanna è per procurata evasione in concorso. La giudice della settima sezione penale ha escluso un’aggravante contestata dal pm di Milano Giovanni Tarzia che chiedeva una pena di 5 anni e mezzo.
La richiesta americana
Le autorità americane avevano chiesto a quelle italiane l’estradizione di Uss per processarlo per l’esportazione illegale di milioni di dollari in tecnologie militari e sensibili dual use dagli Stati Uniti alla Russia e per l’uso del sistema finanziario statunitense per contrabbandare milioni di barili di petrolio dal Venezuela.
La condanna
Nei confronti di Chirakadze, in carcere dall’arresto del giugno 2024, è stata esclusa l’aggravante della transazionalità del reato invece riconosciuta per i membri del commando che hanno partecipato all’esfiltrazione dall’Italia di Uss, figlio di un potente politico russo che all’epoca dei fatti era governatore di Krasnoyarsk Krai. La giudice depositerà le motivazioni della sentenza entro 30 giorni. Chirakadze è stato condannato anche all’interdizione dei pubblici uffici per 5 anni mentre gli dovranno essere restituiti eventuali beni in sequestro se non sottoposti a un vincolo reale in altri procedimenti penali in corso. L’aristocratico russo fra meno di un mese potrà comunque fare richiesta di uscire dal carcere vista l’entità della pena ridotta e in parte già scontata in misura cautelare.
L’accusa
Nella ricostruzione del pm è stata centrale la testimonianza di Srdan Lolic, direttore dell’Hotel Tulip di Belgrado (albergo di proprietà della società russa Metropol), a sua volta indagato per procurata evasione e sentito in videocollegamento dalla Serbia. Quest’ultimo, infatti, “non ha tratto alcun beneficio dalla sua testimonianza”, ha detto il pm. “Pensare che Lolic indichi Chirakadze per vendetta in merito ad affari andati male è una tesi davvero poco sostenibile. Inoltre è Lolic che doveva dei soldi a Chirakadze e non viceversa”. Quanto alla “credibilità” del suo racconto, “abbiamo tanti riscontri”. Tra gli altri elementi citati nella discussione finale vi sono poi “l’acquisizione degli atti del traffico telefonico prodotto da Chirakadze, i documenti trovati nel personal computer dell’imputato, le chat e le foto geolocalizzate”. Nel chiedere la pena, il pm ha sottolineato la “pericolosità” dell’imputato, “”desumibile anche dalla possibilità di coinvolgere soggetti appartenenti alle forze armate russe”, oltre che dalla sua situazione “economico-finanziaria”.
La difesa
I difensori dell’imputato avevano chiesto l’assoluzione “perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto”. Lo stesso Chirakadze, che lo scorso 30 aprile ha voluto rendere dichiarazioni spontanee, si era detto estraneo alle accuse. “Sono rimasto scioccato quando ho saputo che Artem se ne era andato”, ha detto. La penultima udienza del processo a carico dell’uomo si era aperta con il rigetto da parte della giudice della richiesta avanzata dalla difesa di sentire in videocollegamento un avvocato croato e lo stesso Uss. Quest’ultimo si sarebbe fatto avanti nelle scorse settimane, inviando una lettera ai legali dell’aristocratico russo, affermando di voler essere interrogato da remoto per poter fornire la sua versione dei fatti sulle ragioni per cui è fuggito e le modalità secondo le quali è stata organizzata l’evasione. Il difensore del russo, l’avvocato Federico Sinicato, ha preannunciato l’intenzione di presentare ricorso in appello una volta che saranno depositate le motivazioni del primo grado di giudizio.
Uss ha ritrovato la voce
Prima aveva dato un’intervista, tramite i suoi avvocati, al media russo RBC definendo “ridicole” le affermazioni secondo cui lui o i suoi parenti abbiano pagato per la fuga e facendo capire che la regia è stata di Mosca: “Quando le autorità statunitensi applicano tali metodi in nome dei loro cittadini, ciò viene considerato giustificato, e addirittura ne realizzano film con orgoglio. Perché allora la Russia non avrebbe il diritto di rispondere duramente, se lo ritenesse opportuno?”.
Un caso da manuale
L’esfiltrazione di Uss è stata studiata da Andrei Soldatov e Irina Borogan, nonresident senior fellow del Center for European Policy Analysis e fondatori del sito Agentura.ru, che si occupa delle attività dei servizi segreti russi. Secondo loro, dopo le difficoltà legate all’invasione dell’Ucraina con i Paesi occidentali che hanno espulso centinaia di spie russe sotto copertura diplomatica, i servizi segreti di Mosca si sarebbe sempre più affidati a cittadini stranieri (anche per sabotaggi). A tal proposito, Uss ha parlato di una situazione diplomatica, con le capacità russe ridotte al minime in Europa, “da cui beneficia la criminalità organizzata. Persone, anche se non riconosciute come aventi motivazioni politiche, possono sentirsi al sicuro in Italia in caso di richieste provenienti dalla Russia”. Proprio ciò che sembra essere avvenuto nel suo caso.