La Difesa del futuro dovrà saper coniugare potenza e racconto, deterrenza e credibilità. La narrazione non è un semplice accessorio delle operazioni militari, ma una componente vitale della sicurezza collettiva. Vincere la battaglia delle idee – con integrità e rispetto dei nostri principi – significa gettare le basi per una sicurezza più solida e duratura, in cui i cittadini possano riconoscersi e credere. L’analisi di Lorenza Pigozzi, direttore comunicazione strategica del gruppo Fincantieri
Nel conflitto odierno le armi non bastano: chi controlla il racconto degli eventi conquista un vantaggio strategico. Nella guerra cognitiva contemporanea la sfida è imporre una narrazione credibile senza tradire la fiducia dei cittadini né i valori democratici. E l’Intelligenza Artificiale riveste un ruolo centrale e strategico.
La democratizzazione dell’attacco narrativo
Sam Altman, ceo di OpenAI, ha espresso una delle preoccupazioni più acute del nostro tempo: se la superintelligenza viene democratizzata, vengono democratizzati anche gli strumenti di attacco. Questa visione si sta già materializzando sotto i nostri occhi. La capacità di creare testi, immagini e video iperrealistici a costo quasi nullo ha democratizzato la manipolazione informativa. Chiunque può ora diventare un attore in grado di indebolire un avversario, confonderne le certezze e consolidare la propria posizione attraverso un diluvio di contenuti su misura.
Questo scenario realizza quello che gli strategici chiamano “guerra cognitiva” – la competizione strategica per influenzare opinioni e comportamenti attraverso la manipolazione di informazioni. Non è più appannaggio delle grandi potenze della propaganda: è ormai una realtà quotidiana. Gli eventi recenti – dal conflitto in Ucraina alle tensioni nel Mediterraneo – mostrano che ogni crisi si combatte simultaneamente sul terreno reale e su quello narrativo.
La battaglia dei racconti
La sicurezza oggi si gioca su un duplice campo di battaglia: da un lato quello fisico delle armi e delle risorse materiali, dall’altro quello immateriale delle idee, delle percezioni e delle informazioni. In questo contesto, il dominio della narrazione è diventato cruciale: come ha osservato Joseph Nye, teorico del “soft power”, nell’era dell’informazione “non è più importante solo di quale esercito sia la vittoria, ma di chi è la storia che prevale”.
Questa ricerca della supremazia narrativa rappresenta la nuova frontiera della Difesa. Significa che non basta possedere capacità militari superiori, se non si riesce anche a orientare il racconto pubblico degli eventi in modo favorevole. Dalle campagne di disinformazione orchestrate da attori ostili, alla propaganda che accompagna ogni intervento militare, la dimensione informativa è parte integrante dello scontro. Chi riesce a imporre la propria narrazione indebolisce l’avversario, ne confonde le certezze e consolida la propria posizione.
Il nuovo ruolo del comunicatore istituzionale
In questo scenario, il ruolo del comunicatore istituzionale della Difesa vive una trasformazione profonda. Un tempo considerato un mero divulgatore di notizie ufficiali o gestore delle pubbliche relazioni, oggi il responsabile della comunicazione strategica è diventato a tutti gli effetti un attore di sicurezza nazionale. Deve agire con la prontezza di un analista e la sensibilità di un diplomatico, coordinando le informazioni provenienti da diverse fonti (forze armate, governo, intelligence) per costruire un messaggio coerente e credibile.
Nelle democrazie questo compito è particolarmente delicato. A differenza dei regimi autoritari, che possono imporre un messaggio unico e controllare rigidamente il flusso di notizie, le società aperte presentano una pluralità di voci e punti di vista. Tale pluralismo è una ricchezza da tutelare, ma può anche creare dissonanze e incertezze nei momenti di crisi se manca una strategia comunicativa unitaria. Il comunicatore della Difesa deve quindi saper armonizzare il coro democratico senza spegnerne la varietà, trasformando la diversità delle opinioni in un punto di forza. Ciò richiede trasparenza, dialogo costante con i media e le altre istituzioni, e l’uso intelligente di tutti gli strumenti tecnologici disponibili – dai canali social alle analisi di dati in tempo reale – per rilevare e smentire rapidamente le falsità che circolano.
Non si tratta di adottare metodi di propaganda, ma di sviluppare una comunicazione strategica all’altezza delle sfide attuali. L’Unione Europea negli ultimi anni ha avviato iniziative contro la disinformazione e per la resilienza cognitiva dei cittadini, consapevole che la battaglia delle idee richiede uno sforzo concertato.
Persuasione versus propaganda: i rischi dell’abuso narrativo
La ricerca della supremazia narrativa pone però una sfida etica cruciale: come mantenere la credibilità del racconto senza scivolare nella propaganda ingannevole? In tempo di guerra cognitiva la tentazione di “plasmare” i fatti per renderli funzionali alla propria versione può essere forte. Eppure, per una democrazia, cedere a questa tentazione significa correre un rischio gravissimo: perdere la fiducia del proprio pubblico. Come nota il sociologo Zygmunt Bauman, nell’era dei social media “l’autenticità è diventata una merce rara e preziosa”. Un pubblico disilluso da messaggi percepiti come manipolatori o falsi diventa infatti terreno fertile per la sfiducia e per l’influenza di narrazioni ostili.
Il comunicatore della Difesa contemporaneo si muove dunque su un crinale sottile. Da un lato deve usare le tecniche di persuasione più efficaci – molte delle quali codificate dagli studi di Robert Cialdini sull’influenza – per rendere il messaggio autorevole e coinvolgente. Dall’altro ha il dovere di rispettare la verità fattuale e i valori di una società libera. La trasparenza e la coerenza, in questo senso, diventano armi strategiche quanto le portaerei: un messaggio vero, verificabile e raccontato con onestà può convincere e mobilitare molto più a lungo di una mezza verità gridata a gran voce. In ultima analisi, la supremazia narrativa duratura si ottiene non con la forza dell’inganno, ma con l’autorevolezza della verità condivisa.
Una sfida collettiva di civiltà
La supremazia narrativa è emersa come la sfida centrale per la Difesa nell’era dell’informazione. Governare il racconto della sicurezza nazionale non è più un’opzione, ma una necessità strategica per proteggere il sistema-Paese da minacce ibride e destabilizzanti. Questa sfida non può essere vinta da un singolo attore: richiede la collaborazione di istituzioni, forze armate, media, mondo accademico, settore tecnologico e cittadini. Investire nell’educazione, nella cultura e nel pensiero critico è fondamentale per costruire una società meno vulnerabile alle falsità: una cittadinanza informata e consapevole è il miglior alleato nella guerra cognitiva.
In definitiva, la Difesa del futuro dovrà saper coniugare potenza e racconto, deterrenza e credibilità. La narrazione non è un semplice accessorio delle operazioni militari, ma una componente vitale della sicurezza collettiva. Vincere la battaglia delle idee – con integrità e rispetto dei nostri principi – significa gettare le basi per una sicurezza più solida e duratura, in cui i cittadini possano riconoscersi e credere.