Skip to main content

Er Batman frutto marcio delle preferenze?

Franco Fiorito, ex capo gruppo del Pdl alla regione Lazio indagato per peculato dalla Procura di Roma, era stato ribattezzato “Mister preferenze” visto che nelle ultime elezioni regionali era arrivato a toccare quasi 30mila voti.
 
Facile dunque per molti associare lo scandalo che ha travolto la Pisana e l’intero Popolo della Libertà al meccanismo del voto di preferenza. Lo fa notare oggi in un’intervista a Repubblica, l’ex ministro Giancarlo Galan (Pdl): “Fiorito era stato eletto con le preferenze, scelto dagli elettori, come si direbbe oggi. E se si fosse votato un mese fa, prima dell’esplodere dello scandalo, sarebbe stato certamente rieletto”. Come ha scritto su Twitter anche Antonio Polito: “Franco Fiorito è un prodotto della preferenze. Meditate, gente, meditate”.
 
Formiche.net ha colto l’invito dell’editorialista del Corriere della Sera e per farlo, ha chiesto un parere ad Antonio Agosta, professore di Scienze Politiche all’Università di Roma Tre, che non ha dubbi: “E’ un argomento efficace ma privo di consistenza scientifica. La qualità degli uomini e dei partiti non dipende dalle leggi elettorali”. Secondo il politologo, gli abusi di questi mesi, si pensi al caso Lusi a quello Fiorito passando per Belsito per essere bipartisan, sono la conseguenza del finanziamento pubblico eccessivo e incontrollato ai partiti: “E’ stato l’uso inopportuno e criminale dei fondi pubblici ad aver fatto la differenza. Affermare che le preferenze facilitino le lobby e i finanziatori a incidere sulla scena politica è vero, ma è una eventualità attribuibile non solo al voto di preferenza. Oggi, sempre più parlamentari appaiono come portavoce di gruppi di potere, le loro proposte in Aula sono spesso il frutto di elaborazioni predisposte in altre sedi: dietro ad esse si riconoscono con relativa facilità gli interessi rappresentati, forse anche con tornaconto personale dei presentatori”.
 
A chi fa corrispondere poi la preferenza al potenziale proliferare politico della mafia, Agosta risponde: “E cosa dire allora del collegio uninominale? La mafia controlla in Sicilia alcune migliaia di voti che possono contribuire a un’elezione con la preferenza; ma, sicuramente, risultano determinanti in una competizione uninominale maggioritaria incerta, in cui anche solo poche decine di voti possono spostare l’ago della bilancia da una parte o dall’altra”.
 
Il professore ammette che il voto di preferenza comporta certamente anche dei rischi, soprattutto se la preferenza è unica e non multipla: “Con la preferenza unica – ricorda – si avviò nel 1991 una battaglia che portò alla fine della Prima Repubblica. Doveva teoricamente dare più chance agli outisder, ai candidati meno strutturati, alle donne. Aiutò a scardinare il sistema correntizio ma non portò i risultati sperati. Un esempio per tutti: nel 1992 con la preferenza unica si registrò il minimo di donne in Parlamento. Inoltre – aggiunge Agosta – con questo sistema sono aumentati fortemente i costi delle campagne elettorali”.
 
Passando in rassegna la lista rigida, scopriamo che anche in questo caso ci sono pro e contro. Essa consentirebbe, spiega il professore, “di far eleggere esperti o tecnici magari poco conosciuti e quindi non in grado di attrarre il voto popolare con le preferenze. Ma anche tale strumento non funziona se a essere scelti nella lista sono solo degli “yes man” verso il potente di turno”.
 
“La verità su cui tutti, favorevoli o contrari alle preferenze, dovrebbero riflettere – invita l’accademico – è che a contare non sono gli strumenti ma l’uso che i partiti ne fanno. Non c’è una ricetta, non c’è un bene e un male. Il problema è la debolezza in cui sono piombati i partiti che assomigliano sempre più a degli alberghi con le porti girevoli”.

Per questo, secondo Agosta, la competizione per le preferenze potrebbe accentuare divisioni interne a partiti attualmente fragili.
“Occorre invece favorire il rafforzamento dei partiti, il loro radicamento sociale e territoriale, una loro riconoscibile identità. In questa fase storica, è molto più importante, dunque, orientarsi verso una riforma elettorale proporzionale, semplice ma ben congegnata, che limiti la frammentazione e favorisca la formazione di governi stabili e efficaci. Costruendo realmente ´partiti´, e non più contenitori artificiali che allontanano gli elettori dalla partecipazione alla vita politica”.


×

Iscriviti alla newsletter