C’è un gran fervore attorno alla ricostruzione di un luogo politico centrista, riformista e di governo. Un fervore che, però, si scontra puntualmente con l’esibizionismo muscolare e il protagonismo dei singoli. Sono due le risposte necessarie per creare questo luogo politico:favorire e promuovere un processo di ricomposizione politica e organizzativa dell’area popolare presente nel nostro Paese e individuare un “federatore” vero, credibile e autorevole di questo mondo che sappia unire le varie schegge e superare e battere gli inutili esibizionismi che si manifestano quotidianamente. L’opinione di Giorgio Merlo
C’è un gran fervore, ed è indubbiamente positivo, attorno alla ricostruzione di un luogo politico centrista, riformista e di governo. Un fervore che, però, si scontra puntualmente con l’esibizionismo muscolare e il protagonismo di singoli che, purtroppo, accentuano ancor di più l’irrilevanza del centro e, con il centro, anche quella dei cattolici popolari e sociali che si riconoscono in quell’ipotetico progetto politico.
E le due risposte necessarie ed indispensabili per raggiungere questo obiettivo sono semplici e al tempo stesso complesse. Serve, cioè, favorire e promuovere concretamente da un lato un processo di ricomposizione politica ed organizzativa dell’area popolare presente nel nostro paese e, dall’altro, individuare un “federatore” vero, credibile e autorevole di questo mondo che sappia unire le varie schegge e superare e battere gli inutili esibizionismi che si manifestano quotidianamente.
Questi sono e restano i veri obiettivi a cui si deve, prima o poi, dare una risposta convincente a livello politico e anche organizzativo.
Del resto, l’alternativa a questa modalità è prendere atto della dispersione e della frammentazione dell’area popolare e cattolico sociale e ridurla ad una banale appendice di qualche partito e dei rispettivi schieramenti.
E non dobbiamo nemmeno stupirci se poi ci sono esponenti del tutto estranei ed esterni al centro e al cattolicesimo popolare e sociale che si prendono cura anche di come organizzare una eventuale presenza di questo mondo all’interno delle rispettive coalizioni.
L’ormai famosa “tenda” o “accampamento” di Bettini e di Renzi. Lo possiamo definire solo come un epilogo alquanto mesto e triste. Ma che, comunque sia, c’è.
Ecco perché, adesso, sarebbe opportuno concentrare l’attenzione sul profilo del “federatore” di quest’area culturale senza inventare a giorni alterni federatori che durano lo spazio di un mattino perché frutto e conseguenza del proprio egocentrismo insanabile ed incommensurabile.
Ora, e senza ulteriori approfondimenti ed equivoci, forse siamo arrivati ad un bivio. Al bivio decisivo. E cioè, o c’è la volontà concreta di dar vita, mutatis mutandis, ad una organizzazione politica strutturata che rilanci una politica di centro, un centro dinamico, una progetto riformista e di governo e che, al contempo, sappia anche recuperare sino in fondo il pensiero, la tradizione e la cultura del popolarismo di ispirazione cristiana per riproporlo nelle concrete dinamiche della politica italiana oppure ci si rassegna definitivamente ed irreversibilmente ad essere gregari, periferici e marginali.
Perché, al fondo, questa è la posta in gioco. E dalla risposta a questa duplice domanda che, come ovvio, si traduce con atteggiamenti e comportamenti alternativi, capiremo se c’è ancora la volontà per dare un futuro e una prospettiva al popolarismo di ispirazione cristiana, o se, invece, si decide – tutti insieme, al di là delle singole sfumature – di archiviare questa storica e gloriosa esperienza politica, culturale, programmatica e anche etica sotto qualche “tenda”.
Forse oggi sarebbe necessaria quella “politica del coraggio” citata alcuni anni fa da Guido Bodrato ricordando il magistero politico, sociale e culturale di Carlo Donat-Cattin. Quel coraggio che è sempre necessario ed indispensabile ma che in alcuni tornanti è semplicemente decisivo e determinante.