La Russia utilizza la guerra cognitiva come strumento primario per piegare volontà e ragionamento degli avversari senza ricorrere alla forza, operando su livelli tattico, operativo e strategico. Un rapporto dell’Institute for the Study of War evidenzia come il successo russo dipenda dall’accettazione di falsi presupposti in Occidente e invita a smascherare e respingere queste basi narrative anziché inseguire ogni singola fake news
La “guerra cognitiva” è molto più del semplice uso di disinformazione: è “una forma di guerra che focalizza sull’influenzare il ragionamento, le decisioni e, in definitiva, le azioni dell’avversario, per conseguire obiettivi strategici senza combattere o con uno sforzo militare ridotto”. È quanto scrivono Nataliya Bugayova e Kateryna Stepanenko in un recente rapporto dell’Institute for the Study of War. In questo contesto, la Russia ha posto la guerra cognitiva al centro non solo della propria dottrina bellica, ma anche del governo interno e del controllo dei territori ucraini occupati.
Tre livelli di ingaggio mentale
Le operazioni cognitive russe si articolano su tre livelli distinti ma interconnessi. Primo, tattico: diffusione di singoli contenuti falsi o manipolati (video taroccati, voci di influencer locali). Secondo, operativo: campagne coordinate su larga scala indirizzate a aree geografiche specifiche, come i Paesi Baltici o la Romania. Terzo, strategico: costruzione di premesse fondanti – ad esempio l’idea di un’inevitabile vittoria russa – che orientano per anni le scelte politiche e militari degli avversari.
Strumenti e narrazioni
Mosca utilizza una molteplicità di veicoli: media, conferenze internazionali, diplomazia, istruzione, reti imprenditoriali e persino organizzazioni religiose, mobilitando “soldati cognitivi” dagli oligarchi ai servizi statali. Le narrative chiave veicolano temi di presunta legittimità morale di Mosca, invincibilità e inutilità della resistenza, dipingendo i “nemici” come pericolosi o addirittura neonazisti.
Punti di forza e vulnerabilità
Il successo delle operazioni russe dipende dall’accettazione occidentale dei falsi presupposti inculcati dal Cremlino, e in effetti ha già indotto esitazioni sul sostegno all’Ucraina, pur talvolta generando risultati contrari come il rafforzamento del sostegno alla Nato in Svezia, che poi ha aderito all’alleanza. Tuttavia, la costanza degli obiettivi e la ripetitività dei messaggi rendono la macchina cognitiva russa prevedibile – e quindi attaccabile – se si individuano i suoi assunti di base.
Quali controstrategie?
Il rapporto raccomanda di non contrastare la guerra cognitiva “specularmente” inseguendo ogni singola fake news, ma di agire a livello di ragionamento strategico: identificare, esporre e rifiutare i presupposti che la Russia cerca di imporre, supportando queste azioni con evidenze concrete dal campo di battaglia. In questo modo si potrà smontare la narrativa russa dall’interno, rendendo inefficace l’intero dispositivo cognitivo.