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Epidemie e vulnerabilità climatica. Come mutano i rischi in contesti fragili

Di Elisa Bernelli

Il cambiamento climatico alimenta la diffusione di Hiv, tubercolosi e malaria, colpendo le fasce più fragili e mettendo sotto pressione i sistemi sanitari. Il Fondo globale è in prima linea con interventi mirati e partenariati strategici. L’analisi a firma di Elisa Bernelli, advocacy officer del Network italiano di salute globale, dal report “Salute globale e one health”

Nonostante i notevoli progressi negli ultimi vent’anni, Hiv/Aids, tubercolosi (Tbc) e malaria continuano ad essere le “tre grandi” malattie, con un elevato numero di infezioni e morti che ogni anno colpiscono soprattutto popolazioni in situazioni di vulnerabilità e marginalizzazione, in maniera prevalente in paesi a basso e medio reddito. Gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite prevedono di porre fine a queste epidemie entro il 2030, tuttavia, tale risultato appare ancora lontano. Insieme ad altre ed interconnesse crisi, il cambiamento climatico contribuisce a minacciare gravemente il progresso della lotta contro Hiv/Aids, Tbc e malaria, attraverso effetti che influiscono in maniera diretta e indiretta sull’epidemiologia di queste malattie. Questo anche perché esiste una coincidenza pressoché totale tra le popolazioni e comunità particolarmente vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico e quelle maggiormente colpite dalle tre epidemie.

COME CAMBIA L’EPIDEMIOLOGIA

Vari fattori ambientali influenzano la trasmissibilità della Tbc: l’inquinamento dell’aria, soprattutto in contesti urbanizzati, l’aumento delle temperature e l’alterazione dei livelli di umidità causati dal cambiamento climatico sono infatti associati ad una maggiore facilità di trasmissione dell’infezione e rischiano di modificare drasticamente quella che attualmente viene considerata la normale “stagionalità” della malattia. Come è facile intuire, temperature, precipitazioni e umidità influenzano fortemente anche l’epidemiologia della malaria, determinando la capacità del vettore (la zanzara Anopheles) di trasmettere l’infezione. L’innalzamento delle temperature, i cambiamenti delle piogge e dei livelli di umidità e l’aumento di fenomeni meteorologici estremi creano condizioni nuove e più favorevoli per la sopravvivenza della zanzara vettore. Già adesso, la malaria è comparsa in zone in passato inospitali per l’Anopheles, mentre in altre aree sono avvenuti cambiamenti nella stagionalità ed intensità della malattia, per cui un maggior numero di persone si trova esposto ad un maggiore rischio di contrarre l’infezione per un periodo di tempo più lungo.

GLI EFFETTI INDIRETTI

Secondo il Boston Group e altri, tra il 2030 e il 2049 il cambiamento climatico causerà oltre 550 mila morti di malaria in più nel continente africano, in larga maggioranza a seguito del verificarsi di fenomeni meteorologici estremi. E qui entrano in gioco gli effetti “indiretti” della crisi climatica su Hiv/Aids, Tbc e malaria, che hanno un fortissimo impatto sulle cosiddette determinanti sociali della salute ed esasperano condizioni e contesti che facilitano la trasmissione di queste epidemie. I fenomeni meteorologici estremi, sempre più frequenti, causano la distruzione dei sistemi sanitari, nonché delle forniture mediche e delle infrastrutture, determinando la sospensione dei servizi essenziali di prevenzione e cura. La crisi climatica provoca inoltre un aumento del numero della popolazione sfollata, rifugiati climatici e persone migranti ed esiste una correlazione diretta tra tale fenomeno ed una maggiore vulnerabilità a Hiv/Aids, Tbc e malaria. Situazioni abitative di sovraffollamento e condizioni di vita precarie comportano una più elevata esposizione al rischio di trasmissione di queste malattie (nel caso dell’Hiv, si pensi ad esempio al maggiore rischio di violenza sessuale vissuto da donne e ragazze in contesti quali i campi profughi), a cui si somma l’impossibilità di accedere ai servizi sanitari di riferimento. Altri effetti del cambiamento climatico con conseguenze sulle tre epidemie sono la scarsità d’acqua e l’insicurezza alimentare: la malnutrizione provoca un indebolimento del sistema immunitario e ha effetti negativi sull’aderenza al trattamento e l’efficacia delle terapie, rendendo persone già immunocompromesse particolarmente vulnerabili a coinfezioni. Ancora, livelli elevati di povertà e scarsità di cibo facilitano l’adozione di strategie di sopravvivenza quali l’utilizzo di rapporti sessuali come merce di scambio, che espongono a un più elevato rischio di contrarre infezioni sessualmente trasmissibili, tra cui l’Hiv.

IL CASO DEL VIETNAM

In Vietnam si assiste all’interazione tra questi fattori. Le siccità che hanno colpito il paese negli ultimi anni ne hanno messo in crisi il settore agricolo, che necessita di precipitazioni regolari. Gran parte della popolazione che vive in contesto rurale si è trovata costretta a spostarsi per cercare nuove opportunità ma in molti casi, addentrarsi nella foresta per coltivare nuovi terreni ha esposto le persone al rischio di contrarre la malaria, in una regione dove era stata quasi debellata. Altre persone si sono spostate nelle città per cercare lavoro, vivendo spesso in contesti inquinati e sovraffollati, che aumentano esponenzialmente le probabilità di contrarre la tubercolosi. Nella regione del delta del Mekong, l’innalzamento del livello del mare e la salinizzazione dei terreni hanno portato chi lavora la terra (tra cui molte giovani donne) a spostarsi nei vicini centri urbani, dove spesso le insufficienti opportunità lavorative causano un alto tasso di lavoro sessuale e, senza programmi adeguati di informazione e prevenzione su Hiv/Aids, aumenta il rischio di contrarre il virus.

IL RUOLO DEL GLOBAL FUND

Il Fondo globale, partenariato su scala mondiale il cui scopo è sconfiggere Hiv, Tbc e malaria, si trova in una posizione di primo piano per rispondere all’impatto della crisi climatica sulla salute. In oltre 20 anni di attività, il Fondo globale ha infatti maturato una solida esperienza a sostegno dei paesi più vulnerabili non solo nella lotta contro le tre epidemie, ma anche nel rafforzamento dei sistemi sanitari e di comunità, di cui è il più grande fornitore multilaterale di finanziamenti. La resilienza dei sistemi sanitari è cruciale per continuare ad operare durante le crisi causate dal cambiamento climatico, pandemie e altre minacce alla salute.

Già adesso, il Fondo destina il 71% dei propri investimenti ai 50 paesi maggiormente vulnerabili alla crisi climatica e sostiene l’adattamento dei programmi di lotta contro Hiv, Tbc e malaria alle sfide ambientali e, al tempo stesso, lo sviluppo di programmi sanitari sostenibili dal punto di vista ambientale. Ad esempio, il programma di lotta contro la Tbc del Bangladesh, supportato dal Fondo globale, è in continua evoluzione per assicurare che i servizi di screening e trattamento si adattino alla crescente domanda generata da un drammatico aumento della popolazione rifugiata a causa del cambiamento climatico all’interno del paese. In Mozambico, il Fondo sostiene lo sviluppo di un Piano sanitario nazionale di adattamento alle emergenze climatiche, mentre in Sierra Leone ha sostenuto un centro dati One Health, che consente la raccolta integrata di informazioni su animali, ambiente, agricoltura e condizioni climatiche. Gli investimenti del Fondo volti alla mitigazione del cambiamento climatico riguardano soprattutto la solarizzazione di centri sanitari e magazzini per lo stoccaggio dei farmaci, la gestione sicura dei rifiuti sanitari e la semplificazione delle catene di approvvigionamento dei prodotti sanitari per ridurre le emissioni di Co2. Il Fondo investe anche per rispondere ai bisogni immediati derivanti da emergenze naturali.

Negli ultimi anni, circa il 40% delle risorse del fondo per le emergenze del Fondo globale è stato infatti usato per assicurare continuità nei servizi per Hiv/Aids, Tbc e malaria in seguito a fenomeni meteorologici estremi, come la devastante siccità in Somalia o le drammatiche inondazioni in Pakistan del 2022. Alla luce del fatto che attualmente a livello globale solo lo 0.5% dei finanziamenti per il clima è destinato a progetti sulla salute umana, il Fondo globale ha avviato dal 2023 una serie di partnership multilaterali strategiche – ad esempio con Banca mondiale e Green climate fund – per accelerare gli investimenti che abbiano come target specifico l’interrelazione tra clima e salute. A inizio 2025, il Fondo ha inoltre lanciato il Climate x health (Cxh) catalytic fund, volto a sostenere le azioni di adattamento dei programmi sanitari più urgenti. La crisi climatica ed i suoi molteplici effetti sui programmi dedicati a Hiv/Aids, Tbc e malaria e sulla resilienza dei sistemi sanitari sono inoltre integrati in maniera sistematica nella strategia per l’ottavo ciclo di rifinanziamento (2026-2028), in vista del quale quest’anno i donatori del Fondo, inclusa l’Italia, saranno chiamati a dichiarare il proprio impegno finanziario.


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