È un po’ come se in questi tempi, nel mondo economico-finanziario, andasse in onda un nuovo film: “Come ti siluro il manager se si mette alla ricerca di soci stranieri”. Sì, perché la sensazione è che l’ex presidente di Telecom Italia, Franco Bernabè (nella foto), l’ex consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, Enrico Tomaso Cucchiani, e l’ex presidente di Carige, Giovanni Berneschi, tutti grandi manager e banchieri usciti di scena a cavallo tra settembre e ottobre, siano accomunati dall’avere commesso almeno un errore: essere andati alla ricerca di nuovi azionisti, soprattutto stranieri, con l’obiettivo di diluire gli attuali soci dei gruppi da dove sono usciti. Vediamo cos’è successo in ognuno dei tre casi.
Bernabè e i tentativi falliti con Hutchison Whampoa, Sawiris e China Telecom
In occasione del consiglio di amministrazione di Telecom Italia del 3 ottobre Bernabè, come da attese, si è dimesso dalla presidenza. Ormai da tempo non c’era più feeling tra lui e gli azionisti di riferimento di Telco, la scatola che controlla la società telefonica al 22,4%: Intesa Sanpaolo, Generali, Mediobanca, e, soprattutto, Telefonica. Non a caso, l’ormai ex presidente di Telecom Italia si è chiamato fuori proprio mentre fervono i lavori per il trasferimento della quota di controllo dell’azienda italiana ai soci azionisti spagnoli, che conquisteranno il 70% di Telecom in base all’accordo stipulato con i soci italiani alla fine di settembre. Eppure, si racconta che Bernabè, prima di consegnare il controllo della società alla Telefonica capitanata da César Alierta, le abbia provate tutte (o quasi): in primavera aveva tentato di fare entrare nel capitale di Telecom i cinesi di Hutchison Whampoa, presenti in Italia con la 3, mentre poco prima dell’annuncio dell’operazione Telefonica si dice volesse giocare le carte Naguib Sawiris, magnate ex proprietario di Wind, e China Telecom. Peccato soltanto che tutti i tentativi di Bernabè di aprire il capitale a nuovi soci esteri siano falliti. È vero che un accordo effettivo con gli interlocutori esteri non è mai stato raggiunto (emblematico è il caso di 3 Italia), ma è altrettanto vero che il lavoro dell’ex presidente è stato in qualche modo ostacolato dagli scetticismi degli azionisti, in primis Telefonica.
Cucchiani e i viaggi all’estero, sempre con Lufthansa
E se Bernabè non era più in sintonia con i soci di Telco, i maligni raccontano che l’ex ad di Intesa Cucchiani un reale feeling con il resto del management della banca non l’abbia mai avuto. Un’atmosfera pesante via via cresciuta nei 21 mesi trascorsi da Cucchiani ai vertici della banca e culminati domenica 29 settembre con la sua sostituzione con Carlo Messina, banchiere molto gradito al presidente del consiglio di sorveglianza, Giovanni Bazoli. All’ex ad dell’istituto di credito di Ca’ de Sass, che comunque resterà in Intesa per altri sei mesi così da maturare la pensione, sarebbero stati contestati l’atteggiamento “accentratore”, alcune dichiarazioni imprudenti con cui si chiamava fuori dai finanziamenti alla Carlo Tassara di Romain Zaleski, e un certo attivismo tra l’Italia e l’estero, soprattutto gli Stati Uniti, scegliendo sempre la compagnia Lufthansa per i voli atlantici anziché l’Alitalia, di cui Ca’ de Sass è azionista di peso. Viaggi che – secondo alcune indiscrezioni – avessero come obiettivo quello di trovare nuovi soci, sembra esteri (si guarderebbe in particolare alla Germania, dove Cucchiani ha lavorato per molti anni), da fare entrare nell’azionariato della banca. Un’eventualità che non deve essere andata particolarmente a genio alle Fondazioni socie di Intesa. E soprattutto al patron di Cariplo, Giuseppe Guzzetti, molto vicino a Bazoli. Sta di fatto che Cucchiani, da circa una settimana, non è più alla guida della banca.
Berneschi stretto da Bankitalia e l’operazione Unipol
Giovanni Berneschi, invece, non è più alla presidenza di Carige dall’assemblea dei soci del 30 settembre, che lo ha sostituito con Cesare Albani Castelbarco. Dopo 25 anni ai vertici, e oltre 55 all’interno dell’istituto di credito genovese, si può affermare che chi più ha contribuito all’uscita di scena di Berneschi sia stata la Banca d’Italia, che dopo l’ultima ispezione ha chiesto una forte discontinuità ai vertici di Carige, contestando peraltro duramente la vecchia gestione, rappresentata proprio dall’ex presidente. C’è lo zampino di Palazzo Koch anche dietro al rafforzamento patrimoniale da 800 milioni di euro annunciato dalla banca ligure lo scorso febbraio. Un’operazione che Berneschi ha gestito in una maniera che non deve essere piaciuta alla Fondazione Carige, prima socia della banca al 46,6% e non intenzionata a cedere il controllo. L’ex presidente aveva infatti cercato di sondare nuovi azionisti che andassero ad affiancare l’ente e gli altri grandi soci, i francesi di Bpce, che hanno il 10% dell’istituto, così da depotenziarli. In particolare, Berneschi, lo scorso luglio, aveva messo a punto un piano che prevedeva l’ingresso di Unipol. Un progetto subito smentito dal numero uno della compagnia bolognese, Carlo Cimbri. E in ogni caso la Fondazione Carige, presieduta da Flavio Repetto, ha sventato il piano facendo subito decadere il consiglio di amministrazione della banca e sostituendo Berneschi con Castelbarco.