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Il campo largo e la coerenza di Carlo Calenda. L’opinione di Merlo

IL progetto di Calenda può rappresentare un valore aggiunto non solo per il futuro e la prospettiva del Centro ma anche, e soprattutto, per battere quella radicalizzazione del conflitto politico che resta la causa principale se non esclusiva del decadimento della nostra democrazia e della crisi delle nostre istituzioni democratiche. Il corsivo di Giorgio Merlo

Quando si parla oggi del “campo largo” è tutto molto più chiaro. Soprattutto dopo la vicenda della formazione delle coalizioni in Campania, in Calabria e in Toscana in vista delle prossime elezioni regionali. Ovvero, una coalizione di sinistra che è circoscritta ai partiti della sinistra e che, nello specifico, è fortemente compatta ed omogenea.

Del tutto legittimamente, come ovvio.

Una coalizione che contempla al suo interno tre sinistre: la sinistra radicale e massimalista del Pd della Schelin, la sinistra populista e demagogica dei 5 stelle di Conte e la sinistra estremista ed ideologica del trio Fratoianni/Bonelli/Salis.

Il tutto coordinato e supportato dal ruolo non indifferente e né secondario del segretario generale della Cgil Landini.

Una coalizione, appunto, omogenea a livello politico, culturale, valoriale, programmatico, ideale e anche etico. Una alleanza che rappresenta una vero e proprio blocco sociale e politico granitico e ideologicamente compattissimo.

Al contempo, qualunque altro apporto, come ovvio ed evidente, è del tutto estraneo ed esterno. Politicamente irrilevante e culturalmente ininfluente.

A cominciare dal Centro e da tutto ciò che è anche solo lontanamente riconducibile alla cultura e al progetto centrista, moderato, riformista e democratico.

È persin inutile ricordare che, per fare un solo esempio, la cultura, la tradizione, il pensiero e la stessa prassi del cattolicesimo popolare e del cattolicesimo sociale sono perfettamente estranei al nuovo corso ideologico della sinistra italiana.

Non si tratta di fare polemiche strumentali o stucchevoli ma è di tutta evidenza che nella coalizione progressista lo spazio del Centro è solo sugli spalti.

Da osservatori o, meglio ancora, da spettatori. E dove l’unica cosa possibile è quella di mendicare, e quindi anche di ottenere, una manciata di seggi parlamentari per chi subdolamente si auto definisce di Centro garantendo un sostanziale silenzio politico.

Ed è proprio all’interno di questo contesto che si inserisce la posizione politica di Carlo Calenda con il suo partito Azione.

Una posizione politicamente coerente, nonché coraggiosa, che denota in modo persino plateale che il Centro nel cartello delle sinistre non ha alcuna cittadinanza oltre a non avere alcuna compatibilità programmatica.

Ma, per fermarsi al tema del profilo della coalizione, è indubbio che il progetto di Calenda ha introdotto un elemento di rara chiarezza.

E cioè, preso atto della incompatibilità politica e culturale del Centro e di chi persegue una “politica di centro” nella coalizione “frontista” e progressista, chi ha il coraggio di intraprendere la strada della ricostruzione di un centro autonomo e distinto non solo va rispettato ma va assecondato.

Almeno per tutti coloro che non ritengono che il Centro debba solo e soltanto essere una sorta di appendice politicamente del tutto insignificante. Come, appunto, sta capitando concretamente nel cosiddetto “campo largo” attraverso la ridicola e grottesca “tenda” proposta dal duo Bettini/Renzi.

E il progetto di Calenda, al riguardo, può rappresentare un vero valore aggiunto non solo per il futuro e la prospettiva del Centro ma anche, e soprattutto, per battere quella radicalizzazione del conflitto politico che resta la causa principale se non esclusiva del decadimento della nostra democrazia e della crisi delle nostre istituzioni democratiche.

Per queste ragioni, semplici ma essenziali, il progetto e la provocazione di Calenda incrociano anche il tema profondo e delicato del rinnovamento e del reale cambiamento della politica italiana. Oltre al progetto di cui si fa interprete e portatore nella cittadella politica del nostro paese.


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