La predominanza di partiti estremisti, radicali e populisti da un lato e l’assenza perdurante della cultura cattolico popolare e sociale dall’altra, hanno generato una situazione di profonda e radicata, nonché pericolosa, radicalizzazione del conflitto politico con la conseguente ed inevitabile polarizzazione ideologica, ma per invertire questa rotta occorrerebbe una politica di centro. L’analisi di Giorgio Merlo
È inutile girarci attorno. Quando la politica diventa solo ed esclusivamente radicalizzazione del conflitto, polarizzazione ideologica, distruzione ed annientamento del nemico, delegittimazione morale e spregiudicato attacco personale, la cultura – o meglio, la deriva – dell’odio è già nei fatti.
È perfettamente inutile negarlo a livello ufficiale quando è sistematicamente praticato, coltivato e declinato a livello ufficioso.
Ora, non è necessario scomodare un sociologo o un politologo o un intellettuale per sapere che le multiformi dichiarazioni dei vari capi partito della sinistra radicale, massimalista e populista e di alcuni leader della destra sono, oggettivamente, dei tasselli che spingono inesorabilmente verso una china politica dettata dalla denigrazione sistematica, se non addirittura violenta, dell’avversario/nemico.
Ed è ancor più inutile osservare le centinaia di manifestazioni di piazza o gli slogan che vengono lanciati durante le suddette manifestazioni per avere la scientifica certezza che la distruzione/ridicolizzazione/mostrificazione del nemico sono all’ordine del giorno.
Dopodiché, e del tutto candidamente, si dichiara ai quattro venti che si rispettano sino in fondo i valori e i principi del nostro ordinamento democratico e, men che meno, anche e soprattutto i valori della nostra Carta costituzionale. Episodi, dichiarazioni, comunicati, atteggiamenti e slogan che ogni giorno, ripeto ogni giorno, noi possiamo ascoltare e registrare senza tema di essere smentiti.
Ecco perché, al di là di ogni polemica politica o culturale o personale, è abbastanza naturale che questa inquietante ed imbarazzante situazione la si può affrontare solo se la scorciatoia della radicalizzazione del conflitto politico viene attenuata e poi sconfitta del tutto.
Ma per perseguire questo obiettivo, autenticamente democratico e schiettamente costituzionale, è decisamente necessario invertire rapidamente la rotta.
Cioè, detta con altri termini, non sono i partiti estremisti, populisti, radicali o massimalisti che possono cambiare questo scenario.
Perché, purtroppo, hanno nel loro dna prima la delegittimazione morale del nemico e poi il loro annientamento politico.
E lo fanno e lo dicono senza porsi neanche più il problema.
Per queste ragioni, semplici ma oggettive, la riscoperta di quell’antica ma efficace “politica di centro” è, forse, l’unico antidoto capace di riportare il confronto politico lungo i binari della correttezza e della trasparenza democratica e, soprattutto, nel pieno rispetto del dettato costituzionale.
“Politica di centro” che è stata teorizzata nonché praticata largamente nella prima repubblica dalla Democrazia Cristiana e dai partiti alleati con la Dc.
E, all’inizio della seconda Repubblica, dai partiti e dagli esponenti politici che avevano una cultura riconducibile alla tradizione e al pensiero del cattolicesimo politico italiano.
Certo, e come ovvio, si tratta di uno stile, di un metodo e di una postura di governo che non sono appannaggio di una sola cultura o di una sola tradizione di pensiero.
Ma, purtroppo – e va pur detto – la predominanza di partiti estremisti, radicali e populisti da un lato e l’assenza perdurante della cultura cattolico popolare e sociale dall’altra, hanno generato una situazione di profonda e radicata, nonché pericolosa, radicalizzazione del conflitto politico con la conseguente ed inevitabile polarizzazione ideologica.
Il tutto si può correggere, come sempre. Ma certamente non con gli attuali partiti estremisti e i rispettivi leader o capi.