Il confronto europeo sullo stop ai motori a combustione dal 2035 si intreccia con la proposta di escludere l’analisi del ciclo di vita (Lca) dalla regolazione CO2. Una scelta che, secondo David Chiaramonti, Politecnico di Torino, chair CEM Biofuture Platform, sarebbe un grave errore: senza Lca non si valuterebbe la reale sostenibilità dei carburanti e si rischierebbe di compromettere la transizione verde
Nel corso degli ultimi giorni il dibattito a Bruxelles sulla revisione della passenger cars CO2 regulation e di quella per Heavy Duty Vehicles si è acceso. Acea e Clepa hanno incontrato la presidente von der Leyen, e il confronto sullo stop alla vendita di nuovi veicoli con motori a Combustione Interna (Ice, Internal Combustion Engine) dal 2035 ha preso nuovamente piede, come peraltro prevedibile in base all’agenda 2026 dei lavori a Bruxelles. Su questo, oltre al ceo di Mercedes e presidente di Acea, si sono recentemente espressi anche il cancelliere Merz, il ceo di Bmw, oltre ai nostri ministri Pichetto Fratin (per i combustibili alternativi) e Urso (per l’autoveicolo).
Nei giorni precedenti all’incontro, sorprendentemente alcuni think-tank hanno esplicitamente chiesto di abolire l’approccio Lca (Life Cycle Assessment) nella regolamentazione CO2 perché “troppo complessa”, e di escludere a priori i biocombustibili sostenibili nella revisione di questa regolamentazione, in quanto “non scalabili” e a “rischio frodi”.
La proposta di non applicare valutazioni di tipo Lca (adattate all’uso regolatorio e non di ricerca scientifica) è oggettivamente sorprendente, e priva di fondamento scientifico, in quanto lo scopo primario di un regolatore durante la transizione verde dovrebbe essere proprio quello di basarsi corrette valutazioni circa la sostenibilità dei vettori e dei sistemi energetici, assicurando la solidità ed il rigore metodologico e scientifico dei presupposti su cui poi procedere con delle scelte conseguenti.
Cerchiamo di capire bene perché questa richiesta è anomala e di difficile recepimento, e consolidiamo alcuni elementi essenziali per una corretta discussione sul tema. Questo è stato da noi già trattato in numerosi interventi su Formiche sin dal 2023, commentando come – a differenza della Red – la CO2 regulation si basi sulla metodologia Tank-to-Wheel (TtW) e non Well-to-Wheel, (WtW) e quindi Lca. Nella prima ciò che introduciamo nel motore è irrilevante: nella seconda, la tipologia di fuel (fossile, rinnovabile, riciclato) fa parte della valutazione complessiva di sostenibilità, come correttamente deve essere.
1-Sostenibilità. L’analisi del ciclo di vita (Lca, Life Cycle Assessment) è la tecnica universalmente adottata per la valutazione di sostenibilità dei combustibili per trasporti (ed in molti altri settori, ovviamente). E’ centrale sia nella normativa Europea che in quella internazionale: è stata ripetutamente applicata dal Joint Research Center della Commissione Europea per la metodologia di calcolo delle emissioni gas serra per la predisposizione degli annessi alla Direttiva sulle Energie Rinnovabili (Red, nelle sue varie revisioni), ed è il riferimento in ambito Internazionale (es International Civil Aviation Organisation, Icao, ed Imo, International Maritime Organisation). L’Lca (o, meglio, la sua applicazione secondo la Eu Red) è ad esempio stata utilizzata per definire i valori e quindi l’eligibilità dei SAF (Sustainable Aviation Fuels) che possono essere impiegati dai vettori aerei per rispondere alla regolamentazione Eu Ets, o dai produttori di combustibili per quanto concerne gli obblighi rispetto alla direttiva Red. E’ l’unico metodo in grado di assicurare una valutazione oggettiva rispetto ai parametri ambientali, a partire dall’impatto sulle emissioni serra, GHG. Ovviamente, nella sua applicazione concreta alla regolamentazione di un settore, questa metodologia può e deve essere soggetta agli adattamenti del caso – necessari per poter rendere un sistema industrialmente ed economicamente applicabile, ma questo non significa operare a prescindere da una solida valutazione di merito. Per quanto riguarda la complessità, e quindi la fattibilità della applicazione della tecnica Lca a settori industriali, questa è ormai dimostrata a scala globale, in molteplici contesti e condizioni, e fa parte delle policy sia Eu-27 che extra Eu. I produttori di combustibili da molti anni la devono applicare (od utilizzare le stime della Commissione Europea, eseguite secondo questo metodo e riportate negli Annessi della Red), e questo vale per ogni batch di fuel prodotto. Non è corretto affermare che sia troppo complessa per poter essere applicata, ma è certamente vero che richiede complesse valutazioni per essere introdotta nelle regolamentazioni. Questo lavoro può essere efficacemente svolto dalla Commissione stessa attraverso il Joint Research Center, supportato dalle migliori accademie e centri di ricerca Europei con documentata esperienza nel campo: a questi soggetti andrebbe assegnato un obiettivo ben preciso. Per la parte di produzione dei biocombustibili, peraltro, questo è già stato fatto e continua ad essere oggetto di continuo aggiornamento, per poter tenere in considerazione ed introdurre tutte le innovazioni e conoscenze che continuamente si generano nel settore.
Rimuovere l’Lca significherebbe passare a valutazioni arbitrarie, e rimuovere anche le valutazioni su ILUC e DLUC (Indirect e Direct Land Use Change) – cogenti in alcuni importanti contesti Internazionali a cui le industrie Europee sono soggette, creando una incertezza normativa e quindi una barriera non tecnica rilevante. Si tratta di aspetti su cui Icao ed Imo sono costantemente impegnati, nell’opera di aggiornamento continuo di cui sopra.
L’applicazione alla revisione del regolamento Eu sulle emissioni di CO2 richiederebbe quindi un attento lavoro di focalizzazione e semplificazione (lavoro complesso ma indubbiamente fattibile, ed in parte anche già trattato e disponibile), ma partirebbe da una solida base di conoscenze ed attuazioni regolatorie (quelle sui combustibili), richiedendo solo una estensione alla parte automotive.
Inoltre, nel resto del mondo i cosiddetti Biocombustibili Avanzati sono definiti sulla base delle loro prestazioni in termini di risparmio di emissioni GHG: solo l’Eu li definisce sulla base della materia prima impiegata, il ben noto Annesso IX alla Direttiva RedII. Una tale decisione andrebbe contro non solo la scienza, ma anche il buonsenso, dovendo poi i produttori competere su scala globale.
2-Il rischio di frode. Questa parte attiene specificatamente alle criticità, indubbiamente emerse, in settore specifico, ossia quello dell’olio fritto recuperato (Used Cooking Oil, UCO) ed altri simili. Certamente il sistema di controllo di queste filiere (specialmente in paesi extra Eu) ha mostrato la necessità di migliorare i sistemi di controllo e di certificazione, ed è noto che la Commissione sta già lavorando su questo terreno. Va però detto anche che – soprattutto in ottica futura – vi saranno altre nuove linee di approvvigionamento, in particolare per quanto riguarda colture lipidiche e zuccherine/amidacee, quali la produzione su terreni degradati, marginali o contaminati, e soprattutto l’adozione di colture di rotazione e da intercalare (dove citiamo l’esempio virtuoso del CIB, più avanti riportato), che non sottraggono terreno alla produzione food, ma affiancano la produzione primaria food con colture intermedie. Queste possono anzi portare numerosi cobenefici agronomici, quali il miglioramento della salute del suolo, ripristino di biodiversità ed una maggiore resilienza agli effetti dei cambiamenti climatici. Queste filiere sono facilmente verificabili e sono già in gran parte tracciate e controllate, dove il rischio di frode si riduce ai minimi termini.
3-I biocarburanti sostenibili possono essere Carbon Neutral e Carbon Negative. E’ infine particolarmente curioso che tale proposta arrivi in un momento in cui si stanno ormai consolidando evidenze che mostrano come i biocombustibili sostenibili possano non solo essere Carbon Neutral, ma anche Carbon Negative. In Italia abbiamo un ottimo esempio nel modello del Biogas Fatto Bene del Consorzio Italiano Biogas (CIB), ma altre filiere possono esserlo ugualmente, e su questo i produttori sono fortemente impegnati. Un esempio nello schema qui sotto.
Anche la IEA ha notato questo importante elemento, che ha messo nero su bianco prima al G20 di Ottobre 2024 in Brasile, e più recentemente al Ministerial Meeting di Osaka su Sustainable Biofuels, iniziativa Giapponese e Brasiliana a cui l’Italia ha partecipato. Anche su questo, avevamo già scritto su questa testata sin dal 2023.
Viene il dubbio che la richiesta di non applicare valutazioni Lca abbia alla base anche questi elementi, legati alla ormai evidente capacità di filiere bio ben progettate di agire da CCS, rimuovendo e sequestrando permanentemente CO2 dall’atmosfera nel suolo nella forma di Carbonio organico, quanto mai necessario in un contesto di desertificazione crescente. Anche per questo, Icao ed Imo – oltre che Red e CRCF in Europa – includono questi aspetti di sequestro di carbonio nel suolo nelle loro regolamentazioni.
In conclusione, la transizione – avendo una profonda natura di conversione industriale – richiede delle roadmap che garantiscano l’obiettivo ambientale ed al contempo sostengano la competitività industriale dell’industria europea, e quindi proteggano nei confronti di impatti socio-economici.
In tal senso elettrico e combustibili alternativi non sono assolutamente in competizione, almeno per un certo numero di anni, ma complementari e sinergici. E anche destinati ciascuno a coprire applicazioni in condizioni diverse, ad esempio il trasporto cittadino o quello pesante, dove anche altre considerazioni ambientali sono importanti, quali gli inquinanti locali e non solo quelli ad effetto serra.