Il blocco dell’aeroporto di Monaco, congiuntamente ai recenti stop agli scali in Danimarca, Norvegia e Gran Bretagna per avvistamenti di droni riporta in primo piano la fragilità delle infrastrutture europee di fronte a minacce asimmetriche. E l’intelligence danese avvisa “è parte di una strategia ibrida russa per destabilizzare l’Occidente”
L’aeroporto di Monaco, secondo scalo tedesco e uno dei più trafficati d’Europa, ha vissuto ore di paralisi giovedì sera a causa di una serie di avvistamenti di droni. L’allarme è scattato poco dopo le 22, quando l’ente tedesco di controllo del traffico aereo ha dapprima limitato, e poi sospeso del tutto, le operazioni di decollo e atterraggio.
Il bilancio è stato decisamente influente: 17 voli cancellati, 15 dirottati su Stoccarda, Norimberga, Vienna e Francoforte, circa 3.000 passeggeri coinvolti. Molti di loro hanno trascorso la notte su letti da campo allestiti nei terminal, con coperte e pasti forniti dallo staff; altri sono stati trasferiti in hotel. Solo all’alba di venerdì la situazione è tornata alla normalità: il primo volo ad atterrare è arrivato da Bangkok alle 5.25 del mattino, mentre il tabellone partenze mostrava ancora alcune cancellazioni residue.
Secondo la polizia, la scarsa visibilità notturna non ha permesso, ancora una volta, di stabilire né la dimensione né il tipo dei droni. E l’episodio ha colpito una città già tesa, che aveva visto nei giorni precedenti una improvvisa interruzione dell’Oktoberfest per un allarme bomba e dalla scoperta di esplosivi in un’abitazione privata, poi rivelatasi vicenda di natura familiare.
Il quadro europeo
L’incidente in Baviera si aggiunge a una sequenza di episodi simili: negli ultimi giorni aeroporti in Danimarca e Norvegia sono stati costretti a fermare il traffico aereo per la presenza di droni non identificati. A Copenaghen, sei scali civili e militari erano stati paralizzati, con decine di voli cancellati e decine di migliaia di passeggeri colpiti.
Come riportato da Der Spiegel e Reuters, il servizio di intelligence estero danese (Fe) ha ufficialmente affermato come la Russia starebbe conducendo una guerra ibrida contro la Danimarca e, più in generale, contro l’Occidente. “Mosca vuole creare insicurezza e divisione tra gli alleati della Nato”, ha dichiarato il direttore Thomas Ahrenkiel, aggiungendo che il Cremlino punta a indebolire il sostegno europeo all’Ucraina.
Il concetto di guerra ibrida mescola strumenti militari e non militari, obbligando a ripensare i concetti di difesa e minaccia, di grey zone, oltre ad una necessaria riclassificazione delle azioni sottosoglia. Droni, certo, ma anche propaganda sui social network, cyberattacchi, interferenze politiche. “La Russia vuole che viviamo con la paura di una guerra imminente”, ha detto Ahrenkiel.
Le incursioni di Uav sugli spazi aerei del continente hanno riacceso il dibattito sulla difesa europea. “La Russia prova a testare le nostre difese e a seminare ansia nelle società”, ha dichiarato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, mentre la premier danese Mette Frederiksen ha parlato della “situazione più difficile e pericolosa dalla fine della Seconda guerra mondiale”.
Non a caso, al vertice Ue di Copenaghen i leader hanno sostenuto piani per rafforzare la protezione contro i droni, mentre la Nato ha inviato la fregata tedesca Hamburg per contribuire alla sorveglianza aerea nel Baltico. L’Unione europea, nel mentre, lavora al progetto di un “drone wall” lungo i confini orientali, una rete di sensori, jammer e tecnologie anti-Uav, pensata per intercettare incursioni a basso costo, consentendo all’Occidente di avere più opzioni riguardo a risposte onerose come caccia e missili.
Dopo i sorvoli sui nodi nevralgici e strategici tedeschi, ora è toccato all’aeroporto di Monaco. Non servono allarmismi o sensazionalismi. Utile è collegare le pedine, comporre il puzzle e armarsi di padronanza conoscitiva sull’evoluzione delle minacce di oggi, della loro natura e, soprattutto, degli obiettivi principali.