Le simulazioni di think tank statunitensi mostrano che un blocco marittimo limitato basterebbe per portare Taiwan in ginocchio nel giro di pochi giorni, con Gnl e carbone che si esaurirebbero rapidamente. Minacciando la produzione industriale e la stabilità dell’intera catena globale dei chip
Un eventuale blocco navale cinese contro Taiwan non dovrebbe essere totale o dichiarato per avere effetti destabilizzanti. Le recenti esercitazioni militari attorno all’isola, infatti, hanno mostrato la possibilità che anche limitandosi ad un accerchiamento graduale o parziale, Pechino andrebbe a colpire Taiwan in quello che è uno dei suoi talloni d’Achille, ovvero la dimensione energetica.
Infatti, circa il 97% del fabbisogno energetico dell’isola viene importato via mare. Quasi la metà dell’elettricità nazionale è prodotta con gas naturale liquefatto (Gnl), le cui scorte si esaurirebbero in meno di due settimane in caso di blocco, secondo quanto risultato dai wargame condotti dal Center for Strategic and International Studies. Molto simile anche la situazione relativa al carbone, con una riserva che secondo le previsioni durerebbe soltanto sette settimane.
Per costringere all’esaurimento le riserve taiwanesi, Pechino potrebbe imporre ispezioni sanitarie o di sicurezza, giustificando così una “quarantena” marittima che complicherebbe la risposta di Taipei e Washington. “È il tipo di coercizione che vola sotto la soglia della guerra, ma può portare Taiwan in ginocchio”, ha spiegato Craig Singleton della Foundation for Defense of Democracies (Fdd) al Wall Street Journal.
La stessa Fdd avrebbe condotto una sua simulazione, secondo cui Taiwan esaurirebbe il Gnl in appena 11 giorni in caso di blocco. Anche con l’assistenza statunitense, mantenere il flusso energetico sarebbe un’operazione complessa: le rotte dal Golfo del Messico o dalla costa occidentale degli Stati Uniti richiedono settimane di navigazione. Non a caso, due senatori americani, il repubblicano Pete Ricketts e il democratico Chris Coons, hanno presentato a settembre un disegno di legge per garantire coperture assicurative e supporto logistico ai rifornimenti statunitensi verso Taiwan in caso di crisi. L’obiettivo è quello di rafforzare la resilienza energetica taiwanese e di aumentare i costi strategici per Pechino, costringendola a ricalibrare i propri piani.
L’impatto di un blocco non riguarderebbe però solo l’isola. Con meno della metà dell’elettricità disponibile, la produzione di semiconduttori crollerebbe rapidamente, con effetti concatenati a livello globale. Anche altri settori chiave, come l’acciaio e la manifattura, si fermerebbero nel giro di pochi giorni.
Dal canto suo, Taiwan sta cercando di lavorare per ridurre questa sua debolezza. Dopo aver spento il suo ultimo reattore nucleare nel 2025, il Paese sta riaprendo il dibattito sull’energia atomica; inoltre, Taipei punta a diversificare le importazioni, con il 40% del Gnl che proviene dall’Australia, il 30% dal Qatar e solo il 10% dagli Stati Uniti. Rafforzare i legami energetici con Washington, magari sfruttando le capacità di stoccaggio giapponesi, è visto come un deterrente strategico.