Skip to main content

Elogio della gentilezza ai tempi dell’urgenza. La riflessione di Liuzzo

In un mondo attraversato da conflitti, parole dure e fretta digitale, la gentilezza torna a essere un atto politico, civile e necessario. Il pensiero di Romana Liuzzo, Presidente della Fondazione Guido Carli

“La gentilezza è la catena d’oro con la quale la società viene tenuta insieme”, scriveva Goethe. Viviamo in un tempo che corre, che pretende risposte immediate, che spesso alza la voce. Ciò che fino a pochi decenni fa era naturale – un saluto per strada, uno sguardo, un gesto d’aiuto – oggi sembra quasi un atto rivoluzionario. La fretta, la competizione, i social network hanno reso più fragile il tessuto delle relazioni, più impazienti le parole, più distratti i gesti. Eppure proprio oggi, in questa società dell’urgenza e dell’iperconnessione, la gentilezza è forse la più rivoluzionaria delle scelte. La gentilezza non è debolezza, ma una forma di forza morale. È un atto di libertà – la libertà di non rispondere alla durezza con altra durezza. È un atto di coraggio – perché richiede di fermarsi, di ascoltare, di riconoscere l’altro. Non è un galateo del cuore, ma un progetto di civiltà.

Uno studio dell’Università di Oxford ha mostrato che anche piccoli gesti di gentilezza quotidiana, praticati per soli sette giorni, aumentano in modo significativo il benessere individuale e la fiducia reciproca. Secondo la stessa ricerca, chi compie almeno un atto gentile al giorno registra un incremento del 25% nei livelli di soddisfazione personale e del 20% nella propensione a fidarsi degli altri. Non è un caso che molte aziende, università e persino istituzioni internazionali stiano riscoprendo il valore della kindness come leva di leadership e coesione sociale.

E non è un caso che la Fondazione Guido Carli, da anni, ne faccia uno dei suoi valori fondanti. Durante una nostra Lectio Magistralis, la Presidente di Borsa Italiana, Claudia Parzani, ricordava come la gentilezza sia la forma più evoluta dell’intelligenza, perché mette in relazione la competenza con l’empatia». Una frase che oggi, più che mai, andrebbe scolpita nelle nostre coscienze. In un mondo attraversato da conflitti, da un linguaggio pubblico sempre più violento, la gentilezza è la prima forma di sicurezza. Perché crea fiducia, disinnesca il rancore, restituisce dignità al dialogo. È la base invisibile su cui si costruisce ogni comunità solida, ogni istituzione credibile, ogni società giusta. Oggi, più che mai, essere gentili è un atto politico e civile. Significa non passare oltre chi cade per strada, significa lasciare il posto in metropolitana, ma anche saper dire grazie, mi dispiace, prego.

Significa credere che la misura dell’intelligenza non stia nella rapidità della risposta, ma nella profondità dell’ascolto. La gentilezza è contagiosa, e come ogni contagio può diventare epidemia. Basterebbe poco per innescarla: un gesto, un sorriso, un tempo restituito. La Fondazione Guido Carli continuerà a promuoverla non come nostalgia del passato, ma come investimento sul futuro: una nuova grammatica sociale, una forma di economia morale. “Sii gentile, perché ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla”, per dirla con Ian MacLaren. Forse il futuro, prima ancora che economico o tecnologico, sarà un futuro gentile. E la gentilezza, come scriveva Guido Carli, “sarà l’unico linguaggio che ci consentirà di restare umani”.


×

Iscriviti alla newsletter