La Repubblica Popolare Cinese sta elaborando un modello alternativo e lavorando con i propri partner per realizzarlo. Il suo successo si misurerà sulla capacità di promuovere un modello di interazione politica ed economica con altri Stati. L’analisi di Matteo Dian, professore di Politica internazionale dell’Asia orientale presso l’Università di Bologna, pubblicata sulla rivista Formiche in vista dell’incontro “Turning tides? – The future of China–EU relations”, la conferenza internazionale che si svolgerà il 27 e il 28 ottobre presso l’Università di Bologna in occasione del 50esimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Ue e Cina
Dopo il vertice della Shanghai cooperation organization di Tianjin dell’1 e 2 settembre e la grandiosa parata militare di piazza Tiananmen del 3 settembre, si è riaperto il dibattito sulle ambizioni di Pechino. La Cina di Xi Jinping aspira alla leadership globale e a costruire un ordine internazionale alternativo? In che misura la politica estera di Trump ha favorito questo obiettivo? Le voci che descrivono la Cina come potenza orientata allo status quo, come nel caso di David Kang, sono ormai rare. Gran parte del dibattito accademico concorda sul fatto che la Repubblica Popolare Cinese, sotto la guida di Xi, stia elaborando un modello alternativo e stia lavorando con i propri partner per realizzarlo.
Quali sono le caratteristiche di un possibile ordine a guida cinese? Molte di queste caratteristiche sono state esposte attraverso la promozione delle tre iniziative globali, la Global security initiative (Gsi); la Global development initiative (Gdi) e la Global civilization initiative (Gci), descritte nel libro China’s blueprint for global leadership: Gsi, Gdi, Gci and Xi Jinping’s vision for the international order.
I principi fondamentali esposti nella Gsi sono il rispetto della sovranità e la risoluzione pacifica delle controversie. La Gsi condanna la cosiddetta “mentalità da Guerra fredda” ovvero il rafforzamento delle alleanze tra democrazie, e promuove un progetto di ordine basato su non interferenza negli affari interni degli altri Paesi (anche in caso di massicce violazioni di diritti individuali) e sugli “interessi legittimi delle grandi potenze”, ovvero la costruzione di sfere di influenza regionali. La Gsi ha anche uno scopo più pratico, ovvero quello di espandere e razionalizzare le attività nei settori della risoluzione dei conflitti e della cooperazione per la sicurezza. Nel primo settore dopo lo scarso successo del position paper sul conflitto tra Russia e Ucraina, promosso nel febbraio 2023, Xi ha tentato di ritagliarsi un ruolo di mediatore tra Iran e Arabia Saudita e ha promosso un processo di avvicinamento tra le fazioni palestinesi, culminato con la dichiarazione di Pechino del giugno 2024. La Gsi tenta anche di sistematizzare le attività di assistenza alle forze di sicurezza e polizia in Africa subsahariana e Medio Oriente. In questo settore la Cina fornisce sia training sia equipaggiamento. Tutte queste attività negli anni hanno rafforzato le capacità dei governi di controllare il proprio territorio, ma hanno anche fornito strumenti tecnologici per un notevole aumento della sorveglianza sulle popolazioni locali.
La Gdi punta a razionalizzare e rafforzare il complesso delle attività a guida cinese nell’ambito dello sviluppo, tentando di promuovere una convergenza tra le attività promosse dalle Nazioni Unite e i Sustainable development goals dell’Onu e le iniziative cinesi, fino ad oggi incluse nella Belt and road initiative. In questo caso la parola d’ordine è “priorità alla sviluppo”: i diritti individuali, la rule of law o la democrazia politica non sono priorità immediate e possono essere rimandate a stati di sviluppo successivi, o anche ignorate in favore del principio di non interferenza.
La Gci è un progetto politico-ideologico che aspira a sostituire l’universalismo liberale con l’idea che ogni Paese fondi le proprie radici politiche e culturali in un’eredità storico-culturale specifica. Perciò ogni Stato, da questo punto di vista, ha diritto di sviluppare la propria forma di modernità politica unica, senza necessariamente convergere verso un modello liberal-democratico basato sulla tutela dei diritti individuali. Questo progetto di ordine si basa su un modello economico di “capitalismo di Stato” con caratteristiche precise ma capace di adattarsi al contesto internazionale. Sin dagli anni Novanta, il governo cinese ha promosso l’idea di “tenere il grande, lasciare andare il piccolo” (zhuā dà fàng xiǎo): liberalizzare i settori non strategici, ma mantenere il controllo dei settori-chiave dell’industria nazionale (difesa, infrastrutture, telecomunicazioni, energia, materie prime) che andavano al contrario sostenuti, protetti e resi più forti per competere sui mercati mondiali.
Negli anni Novanta e Duemila questo modello è stato funzionale a una strategia basata su export a basso valore aggiunto e bassi salari. Dopo la crisi del 2008 e l’emergere della rivalità con gli Stati Uniti, il governo cinese ha puntato su maggiore autosufficienza e soprattutto sulla tecnologia. Nel 2015 ha promosso il cosiddetto Made in China 2025, manifesto per una transizione tecnologica che ha portato a imponenti investimenti pubblici in settori quali semiconduttori, veicoli elettrici, intelligenza artificiale, spazio e biotecnologie.
L’obiettivo è rendere la Repubblica Popolare una grande potenza tecnologica in grado di promuovere innovazione ma anche di resistere a possibili tentativi occidentali di isolamento e decoupling tecnologico. Questa strategia, inoltre, mira a rendere la tecnologia cinese indispensabile per i partner commerciali, fornendo alla leadership un forte potere di influenza economica e politica. In conclusione, il progetto di ordine alternativo cinese sta prendendo forma. Il suo successo si misurerà sulla capacità cinese di promuovere un modello di interazione politica ed economica con altri Stati, soprattutto quelli del Sud globale che non si riconoscono nella leadership americana, percepito come legittimo e capace di produrre “beni pubblici” per la comunità internazionale.
Formiche 217