L’attuale campo largo, o alleanza di sinistra e progressista che dir si voglia, è saldamente ed organicamente egemonizzato da quattro attori decisivi per lo più oltranzisti. Tutto il resto, al di là dei numeri e dei consensi annunciati carnevalescamente dai vari Onorato, Renzi, Ruffini e via discorrendo, ha certamente uno spazio nell’alleanza progressista ma è diritto di tribuna. L’opinione di Merlo
Dunque, riepiloghiamo. Goffredo Bettini, storico e qualificato dirigente ex comunista e da molto tempo leader del Pd, sta lentamente costruendo e definendo la “gamba moderata” del campo largo.
Un’operazione pianificata da tempo a tavolino che chiama a raccolta di volta in volta tutti coloro che, dal Pd, vogliono distaccarsi per ricreare un polo centrista sempre all’interno dell’alleanza di sinistra e progressista.
Sì, si tratta di un’iniziativa un po’ curiosa e singolare ma è inutile ridicolizzarla perché di questo, appunto, si tratta.
Ora, al di là delle buone intenzioni e dell’eterna prassi comunista, e di matrice gramsciana, di costruire coalizioni e alleanze che ruotano sempre e solo attorno al sole che risplende il tutto – cioè il partito principale che ieri l’altro era il Pci, ieri il PDS/DS e oggi il Pd – i numeri di queste neo operazioni centriste restano un po’ ballerini. E questo perchè ce ne sono ormai parecchi, di numeri.
L’ultimo partito di Matteo Renzi, Casa Riformista, che sino ad oggi si è nascosto nelle “liste del presidente” delle singole Regioni, punta ad avere il 10% dei consensi. Bene.
Il neo movimento civico dell’assessore romano Onorato fatto da amministratori locali di area Pd che raccoglie anche, come ovvio, molti esponenti del Pd, e anch’esso “benedetto” da Bettini – e, almeno stando alle ultime notizie, forse anche dal capo del partito populista dei 5 stelle Conte – punta ad un altro 10% dei consensi.
Bene. A questo si aggiunge il futuro movimento dell’ex direttore delle Agenzie delle Entrate Ruffini e vedremo quale sarà la percentuale elettorale che indica. Bene.
A questi si deve ancora aggiungere tutta l’area centrista e riformista del Pd che si sta riorganizzando – ma questa volta direttamente nel Pd – per incrementare ulteriormente il consenso proveniente dall’area moderata e centrista. Bene.
In attesa di altri movimenti e partiti che si formeranno man mano e sempre sotto il severo e quotidiano controllo di Goffredo Bettini. Insomma, siamo già quasi al 30% dei consensi se non addirittura oltre.
Vedremo. Alla luce di queste considerazioni, peraltro oggettive e che fotografano le intenzioni e la volontà dei vari attori in campo, ci sono però due valutazioni politiche che non si possono non fare.
Innanzitutto tutto questo mondo centrista e riformista saldamente inserito nell’alleanza di sinistra e progressista è, e senza fare alcun processo alle intenzioni, un semplice spostamento di consensi e di forze che avviene rigorosamente e quasi scientificamente all’interno del cosiddetto campo largo.
E la conferma plateale di questa semplice e persin banale riflessione arriva dalle concrete presenze che partecipano a questi incontri o meeting promossi da esponenti del Pd o del tutto riconducibili al Pd.
In secondo luogo, ed è questo l’elemento più importante, non si può prescindere dal vero dato politico.
E cioè, l’attuale campo largo, o alleanza di sinistra e progressista che dir si voglia, è saldamente ed organicamente egemonizzato da quattro attori decisivi. A livello politico, culturale, programmatico e mediatico.
E cioè, la sinistra radicale e massimalista del Pd della Schlein, la sinistra demagogica e populista dei 5 stelle di Conte, la sinistra estremista ed ideologica del trio Fratoianni/Bonelli/Salis e, in ultimo, ma non per ordine di importanza, la sinistra pan sindacale dello storico sindacato rosso, la Cgil oggi guidata dall’oltranzista Landini.
Queste le sono le forze reali, e non virtuali, che dettano oggi l’agenda politica e programmatica del campo largo.
Tutto il resto, al di là dei numeri e dei consensi annunciati carnevalescamente dai vari Onorato, Renzi, Ruffini e via discorrendo, ha certamente uno spazio nell’alleanza progressista.
Si chiama “diritto di tribuna”. Cioè, tradotto per i non addetti ai lavori: una manciata di seggi parlamentari per confermare la natura plurale della coalizione.
Nulla di più e nulla di meno. Per queste ragioni, semplici ma essenziali, le porte girevoli non sono mai state determinanti nella politica.
Ieri come oggi le porte girevoli – cioè passare da un partito all’altro ma sempre nell’ambito della stessa coalizione – non sono destinate a cambiare la politica. Ma rientrano, molto più semplicemente, nelle dinamiche dei noti, straconosciuti ed ed eterni organigrammi di potere.